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fore morra

In esclusiva per i nostri cari lettori, Blog di Cultura ha raccolto la testimonianza del giovane scrittore Diego Di Dio, a pochi giorni dall’uscita del suo primo romanzo Fore Morra. L’autore ci descrive le emozioni che racchiudono un momento speciale, faticoso ma alla fine soddisfacente. Ecco il racconto dello scrittore:

“È il 7 febbraio 2017: il mio primo romanzo, “Fore morra”, è uscito da appena tre giorni, per Fanucci editore.
Da settimane trovo a stento il tempo di mangiare. Tra lavoro e campagna promozionale, i ritmi sono diventati frenetici, deliranti. Non ci pensi a queste cose, quando sei solo un autore con un sogno nel cassetto, quando sei un ragazzo che scrive e basta: pensi alle cose grandi, non alle piccole.

Questi giorni hanno uno strano sapore, quasi onirico. Entro nelle librerie che ho sempre frequentato, nelle Feltrinelli e nelle Mondadori in cui ho trascorso ore intere a sfogliare libri… e trovo me. Sempre in bella vista, sugli scaffali alti, a volte in vetrina, messo in mezzo a mostri sacri della scrittura, italiana e internazionale. Giorni onirici, sì, ma anche stressanti: telefonate, email, interventi, presentazioni, lavoro, lavoro, lavoro.

Senza essere retorici, ma non c’è nemmeno la forza di emozionarsi. Difficile spiegare, adesso, il processo a ritroso, il percorso che ha portato a “Fore morra”.
Ora il libro è racchiuso in 320 pagine, copertina dai colori immediati, quel titolo che molti non capiscono e allora leggono la fascetta (“Fore morra”: fuori dalla camorra): sembra un prodotto finito, già confezionato, vivo. Difficile ripensarci adesso, a quando era un ammasso di fogli stampati, difficile ricordarlo e pensarlo vero ma… ci sono tre anni della mia vita, là dentro.

Tre anni passati a scrivere, riscrivere, correggere, creare personaggi, fare sopralluoghi nelle zone povere di Napoli, documentarsi sulla camorra, sulle armi, sui luoghi della città. Difficile, adesso che il libro è in tutte le librerie, ripensare a quando, nove anni fa, mi venne l’idea di scrivere la storia di due sicari che lottano per la vita, e poi abbandonai l’idea perché quello che volevo creare era un romanzo troppo difficile, troppo strano e complesso, per i miei ventidue anni.

Difficile, adesso, ripensare a quando, tre anni fa, ho deciso di riprendere la storia in mano, perché in fondo non mi sentivo ancora pronto, ma mi dissi “Ora o mai più”, e andai avanti fino all’epilogo, inciampando qualche volta per strada.

Difficile ripensare, adesso, a quel giorno di agosto 2016, quando aprii Libero e trovai un’email del direttore editoriale della Fanucci: aveva letto il mio libro, se ne era innamorato, voleva pubblicarlo. Pubblicarlo nella mia collana preferita, la Timecrime, che ho sempre seguito con passione e un pizzico d’invidia, per quegli autori che si trovavano là, sempre in bella vista, sugli scaffali alti, a volte in vetrina, messi in mezzo a mostri sacri della scrittura.

Difficile ripensarci adesso, ma… a volte bisogna guardarsi indietro. Vedere cosa siamo stati può aiutarci a capire cosa vogliamo essere; vedere quello che siamo riusciti a fare per capire cosa siamo in grado di fare. Quindi crescere, sfidare, ambire, tentare, ma mai dimenticare.”

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