Achille Lauro presenta il suo disco, 1969.
Un prodotto che sorprende, che si distacca dai generi superando la trap e muovendosi verso direzioni diverse.
Un disco che non resta inosservato e che colpisce di fronte a un autore capace di reinventarsi e di crescere in modo incredibile.
«Per la prima volta – racconta Lauro- mi sento al posto giusto nel momento giusto. Nell’album ho riproposto le sonorità Anni Sessanta e Settanta, ma in una chiave tutta mia. In quell’epoca c’era tanta voglia di cambiamento, ed è quello che sto inseguendo».
Non mancano i richiami fin dalla copertina di 1969: James Dean, Marilyn Monroe, Jimi Hendrix ed Elvis Presley, una serie di personaggi leggendari che ispirano Lauro nel suo viaggio musicale.
“Ho 28 anni e voglio rimanere. Voglio parlare a tutti, un po’ come ha fatto Vasco. A Sanremo ho capito che questo sogno di comunicare a più generazioni era reale. Così quattro ore dopo la fine del Festival mi sono chiuso in studio a lavorare».
La carrellata di canzoni «Cambiano sound e parole, ma la mia anima è sempre la stessa. Non mi interessa seguire le mode, mi interessa dire la mia e tirare fuori un pensiero».
«All’inizio mi imbarazzava espormi così tanto. Ma in fondo anche la disperazione che si sente nel disco fa parte di me. E poi sono concetti che riguardano tutti».
Con 1969 cambiano anche i live.
Il disco è ricco di sonorità e strumenti, ed ecco che Lauro spiega: «In questo disco ci sono tanti strumenti, è perfetto per il live. Ci sarà una band, ma sarà uno spettacolo diverso».
Un grande salto di qualità per un autore che aveva già mostrato le sue capacità con l’emozionante Rolls royce, outsider di Sanremo.
1969 è un disco che sorprende e che si allontana drasticamente dalle tendenze della musica italiana affrontando i generi con rara classe.