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Colori forti, contrasti, alterazioni assurde. Un’arte che confonde e illude e insieme mostra la più cruda e fedele descrizione della nostra società: e’la pop art di Andy Warhol, in mostra a Roma dal 18 aprile al museo della Fondazione Roma,presso Palazzo Cipolla.

L’esposizione, che a Milano ha superato i 220.000 visitatori, conta più di 150 opere appartenenti alla collezione della “Brant Foundation” raccolte da Peter Brant, amico dell’artista. Sono sculture, tele, fotografie che raccontano il personaggio e l’artista, ma anche la storia intensa dell’amicizia con il collezionista, lasciando intravedere dietro la maschera della star, la figura più intima, più umana, di un amico.

La mostra inizia con le prime opere del Warhol illustratore e giunge fino ai ritratti e alle ultime cene. Si passa dalla coloratissima “Liz”(1962), alle “Campbell’s Soup” e alle scioccanti serie dei “Disaster”: tragici e affascinanti racconti di morte. Non mancano le opere più celebri e iconiche: le “Electric Chairs”, i “ritratti di Mao” e “Blue Shot Marylin” (1964), in cui tra gli occhi dell’attrice è visibile un colpo di pistola sparato in studio.

L’arte di Warhol è sempre nuova, multiforme, provocatoria: alla base, l’idea rivoluzionaria di un’arte che rappresenta la società di consumo divenendo essa stessa oggetto di consumo. La pop art colpisce, cattura la percezione, ci mostra una realtà diversa, caotica, impossibile. Ma dentro c’è tutto: c’è il mondo che ci circonda, la danza rotante e ossessiva dell’estetica e del consumo, le luci della pubblicità e il buio della morte, il mito e la quotidianità, da Marilyn alle scatolette di cibo Campbell’s.

Il percorso si conclude con una versione di “Last Supper”, ultima opera dell’autore. Morirà infatti un mese dopo averla esposta, nel 1987. Aveva 58 anni. Celebrità indiscussa in vita, la morte consegnava Warhol alla leggenda eterna dell’arte contemporanea, re indiscusso della Pop Art.

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