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Art Bonus é la “parola magica” scelta dal ministero dei Beni culturali per sintetizzare il decretto legge sulla Cultura volto a promuovere gli investimenti da parte dei privati nei fondi per i restauri e per il patrimonio artistico nel suo complesso. Dario Franceschini, ministro del nuovo governo Renzi e succeduto a Massimo Bray, tiene molto a sottolineare come l’Italia prenda buon esempio dalla Francia, uno dei paesi che invece maggiormente nella promozione dei propri beni culturali.

Il disfacimento di Pompei e una certa incuria in un grande numero di siti archeologici rende necessario il contributo dei privati cittadini, che verranno ricompensati con detrazioni fiscali del 65% nei primi due anni e del 50% nell’anno successivo. Il principio dovrebbe rivelarsi vantaggioso per l’erario, in quanto si tratta interventi di restauro sul patrimonio che consentiranno di incamerare più IVA. Posto che il contributo del singolo cittadino piegato dalla crisi non potrà essere sufficiente nel raggiungimento dello scopo, Franceschini ha invitato gli imprenditori a diventare alfieri del mecenatismo, sfruttando l’Art Bonus.

E quali imprenditori? I “nostri”, ha tenuto a precisare il ministro, facendo il parallelo con l‘eccezione francese, dove un meccanismo virtuoso avvantaggia lo stato e le aziende transalpine senza subire l’invasione di economie straniere. Qui si aprirebbe anche una discussione antropologica sulla classe imprenditoriale italiana, in passato spesso poco sensibile all’arte o al bello, ma tralasciando gli stereotipi in stile “il Capitale Umano” il problema è sull’opportunità offerta o meno alle aziende italiane da parte dello Stato di crescere economicamente. Infatti lo stato fonisce l’Art Bonus ma poi presenta una burocrazia asfissiante che fa chiudere le imprese stesse. Non a caso qualche giorno fa il CEO di Google ha accusato il nostro governo di essere poco Web Friendly, impedendo da un lato un’espansione per l’industria italiana, dall’altro la difficoltà per alcune imprese straniere di investire, visto che il mercato ormai ha il suo fulcro sul web.

Altro elemento del decreto legge è la riforma della direzione dei poli museali: L’amministratore si affiancherà al soprintendente e per i musei molto grandi sarà una figura esterna, un manager, mentre nel caso delle strutture più piccole sarà scelto nel personale della Pubblica amministrazione. Degna di nota, infine, la decisione del governo di ridurre al minimo possibile l’utilizzo dei locali della reggia di Caserta come sedi di rappresentanza: potrebbero essere gli ultimi giorni dell’accademia militare nella Reggia.

Nel complesso il decreto “Art Bonus” si presenta come ambizioso ma i dubbi sulla tenuta delle nostre aziende rendono difficile prevedere quale sarà il loro ruolo nel risanamento del patrimonio artistico, mentre sulla lotta agli sprechi si potrebbe reperire nuove risorse da utilizzare per preservare la nostra cultura.

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