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Gli occhioni di una bellissima Emma Stone segnano il finale del film forse più bello e controverso dell’anno scorso, quel Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) di Inarritu, pellicola trionfatrice nella serata degli Oscar e che segna il ritorno al successo di un grande Michael Keaton. Ma se l’intera trama si divide tra metacinema e comicità surreale, è il finale, criptico, a tratti inspiegabile, la parte che scatena più dubbi ed ipotesi.

Nel film, Keaton, dopo essersi sparato durante l’ultima fatica teatrale, sopravvissuto per miracolo ma costretto ad una plastica facciale, è ricoverato in una clinica coccolato dall’affetto dei cari e dal rinnovato entusiasmo che la critica ha nei suoi confronti. La figlia, interpretata dalla Stone, lo molla un attimo e lui affacciandosi dalla finestra si getta; quando lei torna non trovandolo fissa fuori dalla stanza e il suo sguardo apre a scenari che in sè racchiudono il significato intrinseco dell’intera pellicola.

Urge specificare che non esiste nessuna versione ufficiale di come Inarritu volesse concludere il film, nè una spiegazione più veritiera delle altre su quello che l’attrice volesse comunicare nell’ultimo misterioso frame.

Verosimilmente Keaton s’è buttato, stanco di dover convivere col fardello di un alter ego che gli ricorda i fasti del passato artistico, ma sollevato per aver dimostrato di poter essere ancora un attore valido anche in un contesto come quello teatrale da lui molto distante. Ma allora perchè lo sguardo della figlia sembra quasi sollevato e tendente al sorriso? Forse perchè il padre aveva davvero dei superpoteri ed è volato via? O semplicemente perchè contenta di una rinnovata libertà che gli ha permesso di morire serenamente?

Se c’è chi ipotizza anche che in quegli occhi ci fosse una sorta di follia ereditata da padre in figlia, ogni ipotesi in fin dei conti non preclude ciò che sembra più sensato e cioè che Inarritu nel voler dare un degno finale ad una pellicola volutamente onirica e dai toni fumettistici, voglia dare la possibilità di immaginare ciò che gli succede senza doverlo necessariamente mostrare.

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