A quanto pare anche il mondo del cibo sta cambiando e, nonostante supermercati e superstore rappresentino ancora più di metà delle vendite alimentari, l’e-commerce sta crescendo a vista d’occhio raggiungendo l’1,2%, una percentuale bassa ma in costante sviluppo e che pare trainata dai più giovani. La particolarità che emerge è poi il fatto che i consumatori vedano il cibo sempre più come stile di vita e non come semplice sostentamento. E’ proprio questa novità a generare che richiede continua innovazione e sostenibilità da parte di chi lavora nella filiera alimentare. I nuovi consumatori vogliono infatti prodotti a chilometro zero, garanzie di trasparenza, autenticità. Ci sono poi varie tendenze come quella del vegetarianesimo, del veganesimo e in generale una maggiore sensibilizzazione verso la condizione degli animali, come ad esempio delle galline da uova.
La novità, a quanto pare, arriva proprio dai millennials, consumatori che vantano la caratteristica di possedere un forte interesse per capire i meccanismi del settore, sapere come viene prodotto ciò che mangiano e essere disposti a pagare di più in cambio di un prodotto più salutare. Vengono così premiati prodotti italiani, chilometro zero, agricoltura biologica e prodotti cruelty free.
“Trasparenza, salute e identità sono le parole chiave per gestire questa complessità – questo il commento di Romolo de Camillis, retail director di Nielsen Italia, società di analisi e misurazione legata al mondo dei consumatori –. Il cibo risponde sempre più a bisogni esperienziali e sono in ascesa i consumi identitari come il vegetariano-vegano-flexitariano o i consumi halal e kosher”. anche la religione quindi, in un paese sempre più multietnico, va a incidere sui consumi e sul mercato dell’alimentazione. Le prospettive sono però positive, soprattutto per la scelta dei prodotti italiani, una maggiore attenzione alla nostra agricoltura e al nostro allevamento, potrebbe infatti finalmente penalizzare tutte quelle aziende che si basano sullo sfruttamento massiccio della terra portando in Italia prodotti di scarsa qualità, provenienti da paesi del terzo mondo.