CONDIVIDI

No, no, no. Non c’è bisogno di andare oltre“. Non era inizialmente molto convinto Sylvester Stallone dell’idea di indossare per la settima volta i panni di Rocky Balboa, a nove anni di distanza dall’ultima e a quasi quaranta dalla prima. Sarà che dire di no a un entusiasta e nemmeno trentenne regista (Ryan Coogler) era troppo difficile, o sarà che in fondo il cuore ha sempre ragione, fatto sta che Sly, 70 anni il prossimo luglio, quel vestito se lo rimette e scopre che gli sta ancora bene: tanto da vincere il primo Golden Globe in quattro decenni di carriera. Ma guai a considerare Creed un Rocky VII.

Perché come si evince già dal titolo, il film di Coogler verte sulla figura di Adonis (Michael B. Jordan), figlio illegittimo di Apollo Creed, il rivale prima, il più grande amico poi di Rocky Balboa, morto in seguito al tragico match con Ivan Drago nel quarto capitolo della saga (1986). Lo spirito belligerante di Adonis è palese sin da ragazzino ed è quando la moglie di Apollo gli rivela la verità su suo padre, che il giovane Creed decide di ripercorrere le orme di Apollo. Dapprima cercando di alternare la carriera da pugile a quella da impiegato, poi decidendo di salire sul ring full-time. Adonis non ha però una grande preparazione tecnica e, per fare il grande salto, decide di andare a cercare Rocky, chiedendogli di diventare il suo allenatore per realizzare il suo sogno: conquistare, come Apollo, il titolo mondiale. Rocky, che ha perso tutti i cari e continua a gestire il suo bar, dapprima è diffidente, poi, mosso dall’amore amicale verso Apollo e suo figlio, si convince. Lo Stallone Italiano tuttavia si ritroverà a combattere l’incontro più difficile.

Definire Creed uno spin-off, alla stregua di una qualsiasi serie americana, toglierebbe di mezzo la poesia tanto quanto il superfluo sottotitolo, ‘Nato per combattere‘, a cui la distribuzione nostrana non si è sentita di rinunciare. Il legame con la saga nata nel 1976 è ovviamente forte e vibrante, eppure il 29enne Coogler, già regista del bellissimo Prossima fermata: Fruitvale Station (sempre con Jordan), riesce nella piccola impresa di plasmare una narrazione che brilla di luce propria, che al tempo stesso non banalizza né snatura il personaggio di Rocky, come era invece capitato nel terribile Rocky V (1990).

Rocky è un outsider che ha funzionato in ben altra epoca, tra gli anni ’70 e gli ’80: per questo la sceneggiatura, firmata dallo stesso regista californiano insieme ad Aaron Covington, fa necessariamente e opportunamente leva su tematiche che vanno oltre quelle sociali o aventi a che fare con il riscatto. Ad esempio, una sviluppata in modo positivo, è quella del rapporto padre/figlio. L’Adonis bambino non sa di avere un padre, quello che cresce vive al contrario con l’ossessione costante della figura di Apollo, quasi come la Julianne Moore di Maps to the stars nei confronti della madre anch’essa attrice. Rocky diventerà sostanzialmente il suo padre adottivo, proprio come fu Mick per lui nei primi tre capitoli o il vecchio Cus D’Amato per Mike Tyson nella realtà.

La fotografia è incisiva, la regia – specie nei combattimenti con ripresa soggettiva – funziona, il ritmo, nonostante le due ore di durata (è il film più lungo della saga), sostenuto. Si tratterebbe tuttavia di uno dei tanti onesti film sulla boxe, se non fosse che c’è uno Stallone intenso e commovente come non lo si vedeva forse dal sottovalutato Copland (1997). Paradossalmente, a convincere di meno è la resa finale della scelta di Michael B. Jordan, volenteroso e rabbioso ma dall’espressività limitata e non (ancora) dotato di sufficiente carisma, nonostante la fisicità esplosiva.

In definitiva, Creed è un buon film, capace di coinvolgere i profani e riscaldare i cuori dei fan della saga, evitando banali sviolinate autoreferenziali. Le citazioni, poche e ben piazzate, sono piccoli tocchi di classe: mentre si allena, Adonis indossa una maglietta con scritto “Why do I wanna fight? Because I can’t sing and dance“. Ricordate cosa dice Rocky ad Adriana mentre pattinano sul ghiaccio?

[Ph. Credits: Maryse Alberti/MGM/Warner Bros.]

RISPONDI

Please enter your comment!
Please enter your name here

18 − 2 =