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Roberto Benigni batte se stesso, nella seconda serata, dedicata ai Dieci Comandamenti, andata in onda ieri sera su Rai uno.
Già la prima serata aveva ottenuto un grande successo, ma con la seconda, il comico fiorentino, registra un vero e proprio boom di ascolti, con uno share del 38.32%. Nella seconda puntata dei Dieci Comandamenti, Benigni cerca di arrivare dritto al cuore delle persone, proponendo un’inno all’amore, allo spettacolo più grande che esista, la vita, e soprattutto alla ricerca della felicità.

Il rubare, la castità, l’ onorare il padre e la madre, il fondamento della famiglia, il non uccidere, il non commettere adulterio, sono tra gli argomenti maggiormente trattati. Secondo l’attore fiorentino, il non rubare è forse il comandamento cucito meglio addosso agli italiani, oggi nessuno sa cosa significhi realmente se non i bambini. Tuttavia tra le diverse forme del rubare, come: l’evasione fiscale, le tassazioni esagerate, le truffe e tanto altro, quella più vergognosa è quella di non dare lavoro all’uomo, privandolo così della sua stessa esistenza.

Un accenno alla chiesa che meriterebbe secondo il comico, la definizione di class action, per aver confuso sesso e peccato, facendo diventare il sesso, nella bibbia “luogo della creazione”, un sinonimo del peccato, rovinando intere generazioni. L’importanza del fondamento della famiglia, secondo cui per Benigni, nel comandamento “onora il padre e la madre”, dovrebbero venire aggiunti i nonni, parte integrante e fondamentale nel processo di crescita. E ancora, un inno al senso del valore, fondamento importante, ad oggi, troppo spesso poco usato.

La parte più emozionante arriva nel momento in cui l’attore dedica un’inno all’amore e alla felicità. L’amore, valore troppo spesso sottovalutato, problema enorme di questa attuale società, un sentimento da vivere prima che sia troppo tardi.
La felicità, qualcosa che appartiene a tutti, ma che molto spesso viene dimenticata, un invito a ricercarla nei posti più inusuali e un inno alla gioia di vivere, non avendo paura della morte, ma piuttosto di non aver mai vissuto realmente.

Sicuramente portare un tema così delicato e difficile in televisione era un’impresa alquanto pericolosa e ardua.
Una missione tuttavia, ben riuscita dall’autore del “La vita è bella”, che con le sue parole e soprattutto con il suo modo di raccontare le cose ha saputo, come sempre, emozionare e intrattenere il pubblico.

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