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Per le migliaia di fan che hanno affollato i palazzetti era una certezza: “Alzo le mani” non è solo la canzone di apertura di concerti e album. Il trio romano Fabi, Silvestri, Gazzè riserva un’attenzione particolare al nuovo singolo estratto da “Il padrone della festa” e lo fa non solo con parole di tutto rispetto ma anche attraverso il nuovo video.

La decisione è stata quella di affidare “Alzo le mani” a un artista come Bruno ‘Mezzacapa’ D’Elia che, se possibile, ha aggiunto poesia alla poesia. Un testo dalla musicalità inaugurale, che sembra figurare in note prima che a parole, il senso del viaggio. Ecco che il talento e la bravura di D’Elia vengono ad essere congeniali alla canzone e “Alzo le mani” si apre con un treno in corsa.

Ogni parola è soppesata magistralmente e così rappresentata nel video: “Alzo le mani” prende vita in un paesaggio surreale, in movimento, dalla natura all’anatomia, fino alle stelle e alla luna. I visi di Fabi, Silvestri e Gazzè ruotano in un video delicato, creativo e piacevole alla visione: un vero regalo di Natale per i loro fans.

Alzo le mani

Il rumore della pioggia nel pomeriggio.
Le cicale a luglio in un campeggio.
Il suono del traghetto che entra in porto.
La frenata prima del botto.

La sirena dell’ambulanza in avvicinamento;
quella che si sente in guerra guardando in alto.
L’urlo della folla in uno stadio.
Il rumore della vita.

Io non suonerò mai così.
Posso giocare, intrattenere,
far tornare il buonumore o lacrimare.
Ma non suonerò mai così.
Non è solo cosa diversa,
è una battaglia persa: alzo le mani.

Il telefono che squilla quando lo aspetti.
Le dita di mio padre sulla sua Olivetti.
Il cannone del Gianicolo a mezzogiorno.
La serratura, al tuo ritorno.

La campanella che suona il tram quando riparte;
quella che in un attimo svuota la classe.
Il respiro di un bambino lieve.
Il silenzio della neve.

Io non suonerò mai così.
Posso giocare, intrattenere,
far tornare il buonumore o lacrimare.
Ma non suonerò mai così.
Non è solo cosa diversa,
è una battaglia persa: alzo le mani.

E poi capita che un suono sbatta addosso
come un vento di cristallo,
che si aggrappa a una follia,
prigioniero dello stallo come un mare.
E come l’albero d’autunno lascia foglie sull’asfalto
ad ammucchiarsi contro i muri.
Chi si arrende, senza sonno, senza scorie,
senza volti, quella sfilza di respiri.

Io non suonerò mai così.
Posso giocare, intrattenere,
far tornare il buonumore o lacrimare.
Ma non suonerò mai così.
Non è solo cosa diversa,
è una battaglia persa: alzo le mani.

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