Si è aperta ieri l’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, kermesse culturale di successo che da anni porta nella capitale film di grande spessore, spesso dominatori durante la stagione dei premi, film indipendenti provenienti da tutto il mondo e il meglio della produzione nostrana. Ricco il programma di quest’edizione, ricco soprattutto di incontri, tra cui quelli attesissimi con i Premi Oscar Tom Hanks, che ha ricevuto ieri il Premio alla Carriera, e Meryl Streep, attesa per giovedì. La festa ha aperto le danze subito con grandi film, tra cui l’attesissimo 3 Generation, film di Gaby Dellal, nelle sale italiane dal prossimo 24 Novembre.
3 Generation – Una famiglia quasi perfetta racconta il viaggio di Ray, nato Ramona, un adolescente che si prepara a diventare un uomo, nonostante le titubanze della madre single e della nonna lesbica.
Il film, con una giusta dose di ironia e riflessione, con forza e dolcezza, fa immergere lo spettatore all’interno della vicenda, rendendolo partecipe degli stati d’animo delle tre protagoniste, interpretate magistralmente da tre attrici straordinarie. Elle Fanning, infatti, dopo essere stata Aurora in Maleficent e una modella per Refn, si libera della sua femminilità e veste con personalità e maturità i panni di Ray, mentre Naomi Watts e il Premio Oscar Susan Sarandon interpretano rispettivamente la madre e la nonna di Ray.
Il film è stato frutto di una brillante idea di Gaby Dellal, qui nei panni di regista e sceneggiatrice.
Abbiamo incontrato ed intervistato la regista britannica che ci ha raccontato della nascita della sua idea, delle sue ispirazioni e del lavorare a stretto contatto con le tre attrici.
Questo è stato il primo film in cui hai lavorato sia come regista che come sceneggiatrice. Cosa si prova a dirigere una propria storia?
E’ la prima esperienza per un lungometraggio. Non ho percepito grande differenza perchè ho sempre lavorato a stretto contatto con gli sceneggiatori nei miei film., quindi, anche in quel caso, la sensazione era quella di averli scritti io. Questa, però, è stata diversa, un’idea originale mia. E’ stato bellissimo vederla svilupparsi davanti ai miei occhi. E’ stato bello il passaggio da idea a sceneggiatura a film.
Cosa ti ha ispirato per questa storia? Conoscevi situazioni simili?
No, non conoscevo una storia simile. E’ frutto della mia creatività e della mia fantasia, ma parte della mia ispirazione la devo ad uno dei miei figli che, pur non avendo vissuto un percorso simile, mi ha aperto gli occhi su situazioni che non conoscevo. Quando ho iniziato a lavorare all’idea, ho avviato delle ricerche e ho conosciuto ragazzi che vivono direttamente questa situazione ed è stata una scoperta meravigliosa.
Parliamo delle attrici. Tre protagoniste, tre grandi star: la storia, Susan Sarandon, il presente, Naomi Watts, e il futuro, Elle Fanning. Come è avvenuta la scelta?
La prima che ho voluto è stata Naomi, perchè è quella in cui mi sono identificata in quanto madre. Elle è venuta dopo. C’è una vasta gamma di giovani attrici di talento, però c’era l’obbligo che tutte le attrici fossero delle star. Mi sarebbe piaciuto avere un’attrice transgender, ma non mi è stato permesso. Elle, comunque, è stata sconvolgente per la sua bravura. All’inizio ero preoccupata perchè era estremamente femminile, invece è stata una cosa molto interessante, perchè ciò che è importante da comprendere è l’anima, l’interiorità del transgender. Tu sei quello che tu sei, a prescindere dall’esterno. Alla fine ho scelto Susan, perchè vi era una somiglianza con Elle, anche grazie ai capelli rossi. Susan è un’attrice meravigliosa. Nessuna è stata una seconda scelta, sono stata molto fortunata.
Ci sono differenze nel loro modo di lavorare?
Hanno molte somiglianze. Abbiamo fatto molte prove e loro mi hanno posto numerose domande. Susan Sarandon metteva in discussione la mia scrittura, dicendo che non fosse molto americana e che i personaggi del film non parlassero come gli statunitensi, quindi è stato un lavoro duro convincerla a dire quel che era previsto. Con Naomi Watts la sfida che si ci poneva era quella della serietà e della verità, cioè dare autenticità a tutte le sue battute. Elle è un sogno.
Normale può essere definita la parola chiave del film: un ragazzo normale, una famiglia normale. Sei d’accordo?
Più che normale, la frase chiave è Cosa è normale.
Perchè hai scelto di far vivere allo spettatore il film con gli occhi di Ray/Ramona?
Perchè Ray sta girando un proprio film, dove racconta la sua trasformazione, e, quindi, volevamo raccontare le cose anche attraverso il suo linguaggio visivo, perchè questo ci permetteva di vivere il suo tormento interno.
Qual è il valore di questo film in un periodo in cui Caitllyn Jenner viene nominata donna dell’anno da Glamour e Transparent vince un Golden Globe, ma allo stesso tempo si vivono stragi a tinte omofobe come quella di Orlando?
Per quanto riguarda Orlando, inizialmente avevo pensato di andare lì. Io credo che siano molto importanti le etichette date: non è un film gay o lesbo, ma parla del transgender. E’ qualcosa che non riguarda la sessualità, ma l’identità. L’idea è nata prima sia di Transparent che della Jenner. Credo si tratti di coincidenza di intenti in un periodo, come le correnti artistiche per i pittori. C’è il bisogno di raccontare qualcosa che deve essere manifestato ed è stato un bene per me, esterna a questo mondo, di aver avuto la necessità di narrare questa storia.
Grazie a Gaby Dellal per la sua immensa disponibilità e simpatia.