Gambling. Gioco d’azzardo. Gioco pubblico. Sono questi i tre principali modi per chiamare quello che è ormai sempre più uno degli imprescindibili pilastri della new economy internazionale. Anche in Italia si parla di un vero e proprio successo incontrastabile.
A dominare e a fare da traino è soprattutto il segmento delle slot machine per il settore terrestre e quello dei casinò games per il digitale. Tutti gli indicatori confermano questo fatto inopinabile. Si può dire che, per quanto riguarda il 2016, ossia l’ anno che si è appena concluso, addirittura quello dei casinò online è stato uno dei pochi settori del web, insieme ad acquisti ed e-commerce, ad avere segnato una forte ed evidente crescita. Ovviamente non vi è alcun dubbio che questo ruolo primario della rete è strettamente legato allo sviluppo sempre più imponente della tecnologia.
Ma si può parlare di modello italiano del gioco d’azzardo? In un certo senso sì. Esso è diventato una sorta di esempio da seguire e da imitare, come si legge sulle pagine di Giochidislots.com. Sicuramente, per le modalità in cui si è costruito e sviluppato, può creare e suscitare interesse e curiosità. Si è cercato di regolamentare il sistema, di riordinarlo e di riassestarlo. Ci sono state grandi difficoltà e situazioni di impasse, legate alle crisi politiche e di governo. Vedere caduta dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi, causa sconfitta nel referendum costituzionale del 4 dicembre, e i continui rinvii in sede di Conferenza unificata. Ma la discussione è comunque partita e questo non può non essere osservato e segnalato. L’esigenza, che è stata avvertita più o meno in tutti i Paesi conservatori, è quella di una regolamentazione per cercare di limitare e contrastare l’illegalità, che rischia di rimanere sempre più fuori controllo. Non è solo quindi una questione di business e d’affari. C’è in gioco ben altro. Anche, perché no, la dimostrazione di una serietà di un sistema che rischia di collassare, anche per la fuga di immensi capitali che fuggono verso paradisi fiscali. In barba alla tanto sbandierata lotta all’evasione fiscale.
Su questi presupposti, ma anche su molti altri, si è basato il Seminario “The Italian Breafing” ospitato dalla fiera Ice Totally Gaming di Londra. L’argomento principale è stato il gioco pubblico italiano, considerato come modello da seguire per la capacità, dimostrata nel corso tempo, di riuscire a limitare fortemente l’offerta illegale. Il vero problema al momento è però la mancanza di un accordo tra Stato ed Enti locali. Si può tranquillamente dire che in atto una sorta di conflitto, che sta bloccando il percorso di una vera e propria riforma del settore dei giochi.
“Se prevale una tesi per cui non c’è un punto di incontro, non c’è una soluzione, il governo non andrà avanti, abbiamo sempre detto che non avremmo fatto una riforma su questa materia senza l’accordo con gli enti locali”, queste le parole dell’allora sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Insomma, tutto è ancora in ballo. Rimandare ancora però non conviene davvero a nessuno. A perderci è chi ha l’assoluta necessità di una regolamentazione chiara e dettagliata. Stiamo parlando di questioni tipicamente e fortemente italiane. Anche questo è parte del famoso modello. Pro e contro. E, come sempre in questi casi, non resta che dire prendere o lasciare.