Regista tra i più talentuosi degli ultimi anni, pellicole come “Una Notte Ancora” e “Luigi e Vincenzo” hanno riscontrato un successo straordinario nei festival cinematografici internazionali. Giuseppe Bucci si racconta a BlogdiCultura e parla dello speciale legame che ha col festival Omovies.
“Una notte ancora” cortometraggio tanto apprezzato dalla critica estera quanto dalla storia travagliata nella nel riuscire ad affermarsi nel cinema italiano. Come si sente a dover ancora “combattere” per una pellicola girata ben tre anni fa?
É una storia d’amore tenerissima e normalissima che all’estero è piaciuta moltissimo (a New York ad esempio ha vinto una menzione speciale della giuria al Downtown ed ha ricevuto nomination a migliore corto, regia e attore al NYC International Film Festival) mentre in Italia ( se si esclude il felicissimo successo nel circuito glbt) è stata vista da molti in modo curioso, quasi fosse assurdo che si parlasse di una storia d’amore gay in maniera così banalmente quotidiana, così intima. Ma registro anche la soddisfazione di molte persone che davanti a questa storia mi hanno detto di aver visto per la prima volta un rapporto omosessuale come una scelta d’amore e non di sesso. Forse il complimento che mi ha reso più felice. In questo senso la battaglia continua. Una battaglia di civiltà e cultura che mi piace percorrere cercando il dialogo e la comprensione, piuttosto che lo scontro. Ma preciso che non sono il primo e nemmeno il solo, anzi, sono solo un piccolo pezzo di un puzzle.
Quanto sarebbe importante che il film partecipasse al David di Donatello?
“Una notte ancora” così come “Luigi e Vincenzo” sono entrati in selezione per i David di Donatello ma non hanno ricevuto la nomination (ma la concorrenza è di altissimo livello). Sarebbe stato una grande soddisfazione per me e importante perchè film e cortometraggi a tematica glbt in Italia sono sempre pochissimi e soprattutto quelli che tentano di affrontare la normalità della omosessualità.
Si potrebbe dire che in pellicole come “Una notte ancora” e “Luigi e Vincenzo” non traspare altro nei personaggi che un’aria di normalità; l’essere omosessuali non è il punto focale, semmai lo è il soffrire per amore, come potrebbe succedere ad una qualsiasi coppia etero. E allora perché tanto scandalo da parte di alcuni?
Ma veramente io lo scandalo non l’ho visto da nessuna parte (sorride, ndr).
Questi miei cortometraggi sono stati molto amati, ripeto in particolare all’estero è vero, ma anche in Italia dove, al di fuori di Festival glbt, sono stati selezionati a Festival prestigiosi come il RIFF, il Napoli Film Festival, il Sorridendo Festival a cinecittà (che ha premiato “Luigi e Vincenzo” per il migliore soggetto originale). Certo, come ho detto, forse capita che in Italia ci sia ancora molta reticenza ad accettare la omosessualità come normalità e qualche volta ho avvertito questa distanza, questa sorta di indifferenza… Mesi fà un Festival americano mi scrisse che non aveva selezionato in finale “Luigi e Vincenzo” per una tematica ritenuta superata mentre in Italia se si parla di matrimonio gay e diritti della coppia molti fanno ancora finta di non sentire…
In questo senso è per noi ancora importante insistere su questi temi cercando di farci capire anche da chi ha più difficoltà.
Le andrebbe di commentare la sua partecipazione ad “Omovies”?
Il festival mi ha visto crescere. Io vivo a Roma ma Napoli è sempre nel mio cuore. Sentìi parlare di questo piccolo Festival che si svolgeva a due passi da casa mia e iscrissi il mio primo corto “Non fermarti” che vinse nel 2010 il Premio Scuola di cinema di Napoli.
Nel 2011 con “Nino del vomero” vinsi il premio per la migliore regia e nel 2012 con “Una notte ancora” vinsi il Festival (oltre al premio alla regia e al bravissimo protagonista Ivan Bacchi).
A quel punto ho conosciuto meglio gli organizzatori che mi hanno sempre dimostrato grandissima stima chiedendomi di girare lo spot per il Gay Pride di Napoli 2013. Ed è nato “Luigi e Vincenzo” che ci ha regalato un 2014 da sogno girando letteralmente tutto il mondo e imponendosi quasi sempre come unico corto rappresentante italiano a Festival famosissimi come il Frameline di San Francisco, l’OutFest di Los Angeles, il NewFest di New York, arrivando addirittura al Festival di Cannes (nelle proiezioni collaterali alla Queer Palm) come vincitore del concorso “10 grands moments de solitude” di Parigi.
Quanto contano a tal proposito eventi come “Omovies” per registi che cercano di uscire dagli schemi affrontando tematiche spesso considerate scomode?
Sono fondamentali.