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pensionati

La popolazione italiana ha timore di ritrovarsi senza una pensione. Ed è anche per questo motivo che una fetta sempre più ampia della popolazione decide di affidarsi ai fondi previdenziali integrativi. Nel 2016 sono stati infatti quasi 8 milioni gli iscritti, con un incremento del 7.7% rispetto al 2015 e un incremento pari ad oltre mezzo milione di abitanti. È questo il quadro prospettato al 31 dicembre 2016 dalla Commissione di Vigilanza sui fondi pensionistici.

Uno dei fattori che è riuscito a trainare l’intero comparto sono i fondi negoziali, che raccolgono un totale annuo di 2,59 milioni di euro grazie al traino dell’adesione contrattuale dei dipendenti del comparto edile. Arrivano buone notizie anche per l’industria della previdenza complementare, visto che si è sbloccato l’iter delle iscrizioni alle forme pensionistiche proposte dagli intermediari finanziari e quindi non legate ad accordi precedenti. Per quel che riguarda i cosiddetti pip – polizze individuali di previdenza -, hanno il vantaggio non indifferente di essere deducibili dal punto di vista fiscale, e per questo le crescite hanno raggiunto percentuali a doppia cifra, come si legge sulle pagine del blog Moneyfarm.com. Ad un primo colpo d’occhio, si potrebbe quindi evidenziare la netta avanzata sul mercato previdenziale dei fondi pensionistici privati, che nonostante le iniziali timidezze dovuti agli asset varati dalla riforma del 2007, sono riusciti a raccogliere le adesioni di un lavoratore italiano su tre. Troppo alti, infatti, i dubbi relativi al futuro del sistema previdenziale statale, che già ora non garantisce adeguata copertura alle fasce meno abbienti, e anche l’innalzamento dell’età pensionabile mette a repentaglio l’effettiva spendibilità di quanto accumulato negli anni.

Ottimi i risultati legati anche al patrimonio gestito che, beneficiando dei flussi regolari dei Trattamenti di fine rapporto versato dai lavoratori per poco meno del 7% dello stipendio lordo, hanno racimolato nel 2016 149 miliardi di euro, con una crescita del +6,3% su base annua. La fetta più ampia di mercato è data dai fondi negoziali, ma crescono anche i pip e i fondi aperti.

Per quel che concerne, invece, i rendimenti, il 2016 dei fondi previdenziali è stato positivo, ma con margini di miglioramento ridotti se paragonati alla crescita generale del settore. Secondo gli esperti, infatti, i fondi negoziali hanno fatto registrare nell’ultimo anno solare un risultato netto del 2,6%, mentre i fondi aperti si sono fermati al 2,2%. Entrambe le soluzioni, però, riescono a superare il tfr che resta in azienda nel classico metro di paragone per un confronto tra la previdenza statale e quella complementare. Non essendoci inflazione rilevata dall’Istat, infatti, la rivalutazione dei trattamenti di fine rapporto ha mantenuto un rendimento fisso dell’1,5%. Per quel che riguarda i pip, invece, la disponibilità è relativa solo ai dati delle unit linked, ma il rendimento raggiunge un buon 3,6%. Ancora non sono pervenuti, invece, i rendimenti delle gestioni separate, che in ogni caso si proietterebbero davanti alle forme previdenziali classiche.
Mario Padula

A commentare gli ottimi risultati delle pensioni integrative in confronto alle formule statali è Mario Padula, presidente della stessa Commissione di Vigilanza: “All’interno di ogni tipologia di forma pensionistica i risultati più elevati si sono avuti nelle linee a maggior contenuto di azioni, sospinte dall’apprezzamento dei corsi nell’ultimo trimestre dell’anno. Nel contempo, pur rimanendo nella media dell’anno in territorio positivo, i rendimenti delle linee garantite e obbligazionarie hanno ridotto i corsi dei titoli di debito”. Dopo anni di titubanze, dunque, i titoli previdenziali secondari hanno definitivamente convinto gli italiani, che si affidano sempre più a questi strumenti per garantirsi un futuro più stabile.

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