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Come ogni anno, a dicembre arriva il momento di tirare le somme. Cosa dire di questa stagione cinematografica? Il 2015 ha portato con sè prodotti di valore, ma non troppi, tanto che Blog di Cultura ha deciso di inserire nella sua classifica anche pellicole uscite in realtà nel 2014 ma approdate nei cinema italiani nel gennaio-febbraio 2015. Vediamo quali sono i “vincitori”, in ordine sparso.

Birdman – Alejandro González Iñárritu

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Riggan Thomson (Michael Keaton) è un attore in declino che non riesce a liberarsi dallo spettro del personaggio che lo ha reso famoso: Birdman, un supereroe con un costume da uccello. Per provare a scindere la sua immagine da quella di protagonista di blockbusters mediocri e lasciare ai posteri un ritratto più pregnante di sè, Thomson adatta un racconto di Raymond Carver per una rappresentazione teatrale, nella quale recita da protagonista. Film dal ritmo brillante, caratterizzato da un’ironia pungente, giocato sul precario equilibrio realtà-ossessione e venato di una soffusa malinconia, “Birdman” è stato premiato con 4 Oscar e oltre al valore della storia che racconta e alla bravura degli interpreti, è da segnalare per la particolare tecnica narrativa adottata. Il film è realizzato in modo tale da dare l’impressione di essere stato girato in un unico lunghissimo piano sequenza, ovvero senza stacchi della cinepresa. Iñárritu ha detto che in questo modo voleva dare allo spettatore la sensazione di una “realtà da cui non si può sfuggire, perché viviamo le nostre vite senza la possibilità di fare un montaggio”.

Mad Max, Fury Road – George Miller

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George Miller, ideatore della leggendaria serie post-apocalittica, torna a dirigere il Guerriero della Strada, Max Rockatansky, in questo nuovo sorprendente capitolo. Fury Road è una strada dannata che deve portare dalla distopia della cittadella preda dell’uomo-mostro Immortan Joe all’utopia di un mondo verde. Una strada lunga, polverosa, tossica per il fisico e per la mente. Un viaggio della non-speranza che si aggrappa a un misero sogno di ribellione e libertà. Due protagonisti: Max, reietto assillato dal fantasma del senso di colpa, disperso in un mondo che per sua stessa ammissione “è fuoco e sangue“, e Furiosa, strappata alla propria terra e ora carica di vendetta e del desiderio di portare in salvo cinque innocenti giovani donne, il tesoro di Immortan. Una sola arma a disposizione, l’unica capace di far reagire alla desolazione: la follia. Un action movie che al di là delle etichette (davvero importa capire se sia un reboot o un remake?) è permeato da una forza sacra e insieme brutale che lo rende qualcosa di molto vicino all’epica.

Star Wars, Il risveglio della Forza – J.J. Abrams

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Uscito nelle sale nemmeno una settimana fa, l’ultimo episodio della saga più galattica di tutti i tempi ha già fatto scorrere fiumi di inchiostro. Cosa possiamo aggiungere? J.J. Abrams è stato più che bravo a rievocare le atmosfere “originali”, un film diretto con maestria, e certamente più che un pizzico di furbizia. Non dice niente di “nuovo”? È vero, ma ci piace lo stesso.

Inside Out – Pete Docter

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Probabilmente il prodotto Disney più convincente degli ultimi anni. Fresco, nuovo, emozionante. La magia dell’animazione ci fa prendere coscienza delle nostre emozioni, quelle emozioni che spesso non capiamo, che ci sembrano “estranee”. Gioia, Rabbia, Tristezza, Paura, Disgusto, sono dentro di noi e si manifestano all’esterno. Sono sorrisi, lacrime, nasi arricciati, sudori freddi, sguardi fulminanti, sono tutte necessarie e non ci lasciano mai. Secondo voi non si merita l’Oscar?

Fury – David Ayer

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Siamo nell’aprile del ’45, la seconda guerra mondiale è agli sgoccioli e mentre gli Alleati completano l’avanzata nel territorio europeo, un agguerrito sergente dell’esercito chiamato Wardaddy (Brad Pitt) è al comando di un carro armato Sherman e di un gruppo di cinque uomini per una pericolosa missione dietro le linee nemiche. In evidente inferiorità numerica e mal equipaggiati, Wardaddy e i suoi uomini non si arrendono nel tentativo di colpire al cuore della Germania nazista. La loro guerra è la guerra universale, un quadro disturbante, disincantato, in cui sei uomini cercano di guardare oltre l’orrore rimanendo umani, dando un senso al loro martirio. Un film in cui l’eroismo classico lascia spazio a quello inconsapevole, un atto furioso che però acquisisce un senso preciso e che ci restituisce la disperazione e la violenza del conflitto. David Ayer ci regala un war movie che getta luce su una prospettiva tutt’altro che banale, quella di chi vive la guerra in una gabbia fisica oltre che psicologica.

The Martian – Ridley Scott

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The Martian nasce dal romanzo “L’uomo di Marte” di Andy Weir. Nella pellicola, il meticoloso approccio scientifico del testo incontra la regia di Ridley Scott che abbandona l’approccio sci-fy per abbracciare una sorta di plausibilità scientifica. Il botanico-astronauta Mark Watney deve sopravvivere e aspettando che qualcuno torni a prenderlo si muove sul pianeta rosso cercando di conservare la sanità mentale. Non c’è nulla di orrorifico, nulla di fantastico, Scott lascia da parte i suoi lavori più visionari e illustra uno scenario che può passare quasi per realistico, inserendo anche una vena di comicità. Il film a tratti riesce a divertire pur mantenendo sempre vivo il pathos, Scott riesce a smorzare l’atmosfera pesante di una situazione drammatica. Un film che convince, che affronta il genere “spaziale” da una prospettiva diversa riuscendo a guadagnarsi varie nomination ai Golden Globe.

Youth – Paolo Sorrentino

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Dopo gli osanna tributati a “La grande bellezza” anche per un fuoriclasse come Sorrentino non deve essere stato facile tenere il passo. Eppure il regista ci regala un’altra poesia di delicata fattura. È primavera ai piedi delle Alpi. Due vecchi amici passano insieme le vacanze in un elegante albergo svizzero: Fred, compositore e direttore d’orchestra, è ormai in pensione mentre Mick, regista, è ancora in attività. I due affrontano la vecchiaia in modo diverso: Fred sembra attendere inerte la morte, e rifiuta la musica, fedele compagna degli anni passati, anche se a tratti si abbandona e la percepisce nello spazio bucolico che lo circonda; Mick tenta un disperato recupero della giovinezza attraverso la realizzazione di un ultimo indimenticabile film. Entrambi provano a riscoprire la vita cercandola in chi ne ha davanti ancora una gran parte. Epifanie improvvise illuminano una vicenda semplice e allo stesso tempo maestosa, una metafora del tempo e delle ambizioni di uomini che alternano rassegnazione e voglia di futuro. Emozioni intense, dialoghi surreali, intermezzi comici, visioni eteree che esaltano la magia grottesca della vita. Sono pochi i registi capaci di realizzare un perfetto sincretismo di immagini e musica. Sorrentino è uno di questi: Youth è un film che è insieme quadro e opera lirica.

Suburra – Stefano Sollima

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Politici corrotti, prostitute, cocaina, mafia, violenza. Questi gli ingredienti del film ispirato all’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo de Cataldo. Suburra (dal latino sub-urbe) è termine che indica luoghi malfamati, teatro di crimini e immoralità, il concentrato della degenerazione della società. Secondo le stesse intenzioni del regista siamo di fronte a “un gangster movie che riflette la fine di un’era, di un mondo politico e di un mondo criminale che sta diventando altro ma non sa ancora bene cosa e quindi si agita con sanguinosi colpi di coda in attesa di un nuovo ordine“. Stefano Sollima, dopo le serie di “Romanzo Criminale” e “Gomorra”, continua a scavare nel marcio dirigendo un film che si scaglia su un cielo plumbeo e irredimibile, un noir a tratti solenne, energico, che riesce a sorprendere.

Non essere cattivo – Claudio Calligari

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Il canto del cigno di Calligari, un testamento importante: un quadro pasoliniano aggiornato, disegno di un inferno umano (troppo umano) in cui l’iperrealismo non lascia spazio all’assoluzione. Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi) sono due amici di Ostia, cresciuti in un quartiere degradato, che trovano la scappatoia di un lavoro redditizio ma disonesto, che li porta sulla strada dell’autodistruzione. Vittorio, per salvarsi, prende le distanze da Cesare, che invece continua a sprofondare nella melma di un destino ineluttabile. Un film autentico, semplice, impreziosito da una sapiente fotografia e dalla capacità di gettare su questi “ragazzi di vita” uno sguardo benevolo e chiazzato di un cenno di speranza. Uno dei più grandi esclusi di questi Oscar 2015.

Leviathan – Andrej Zvjagincev

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Storia di una lotta titanica, impossibile e masochista di un individuo contro un potere che lo sovrasta e che non dà scampo: lo stato ‘Leviatano’ di Thomas Hobbes prende le sembianze della Russia di Putin. Affarismo, corruzione, ipocrisia, ottusità burocratica e criminalità, si intrecciano come le spire del mostro biblico nella realtà politica e burocratica, nella magistratura, nelle forze dell’ordine e nella stessa Chiesa ortodossa: forme diverse di un potere che schiaccia l’individualità di chiunque costituisca un ostacolo ai propri piani di controllo. Ma “Leviathan” è anche la storia privata di un individuo travolto da un destino ostile che si insinua anche nei suoi affetti più cari, togliendogli amici, moglie, figlio, e persino la proprietà di sè stesso. Un film che merita anche per le musiche di Philip Glass, capaci di introdurre metafisiche atmosfere e per lo scenario, carico di una vitalità minacciosa: una fotografia bellissima e potenti inquadrature restituiscono nel paesaggio livido il senso di un potere oscuro, della violenza, dell’inesorabile sproporzione delle forze, del caso che può colpire più della cattiveria.

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