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Il New York Times l’ha definita “la più grande opera della cultura pop americana dell’ultimo quarto di secolo” e il gran numero di statuette ricevute, che ha fatto de I Soprano la serie più premiata, lo dimostra. Sei stagioni 98 episodi dal 1999 al 2007 per la HBO, 211 nomination, 82 premi di cui tra gli ultimi tre sono stati gli Emmy Award del 2007 come Miglior serie drammatica, Miglior regia e Miglior sceneggiatura di episodio nonché ben cinque Golden Globe.

Si tratta con questi numeri, oltre all’audience, di una serie che è ormai passata alla storia e che nel 2002, TV Guide ha classificato al quinto posto tra “I migliori 50 spettacoli televisivi di tutti i tempi”. Una serie che colpisce certo per il racconto e i personaggi a tutto tondo ma anche, o forse specialmente, per la crudezza delle immagini e dei dialoghi che trasportano lo spettatore in un mondo spaventoso quanto affascinante.

I Soprano attraverso una forma del tutto singolare sono stati in grado di affrontare tematiche legate all’adulterio, alla violenza, al sesso, profanando luoghi comuni e tabù televisivi che spesso hanno attirato sulla serie anche pesanti critiche e dure prese di posizione. Tutto questo però non l’ha scalfita, anzi probabilmente ne ha plasmato il successo.

Da una serie del genere non ci si poteva di certo aspettare un finale tradizionale, con lieto fine magari. Gli sceneggiatori hanno infatti chiuso la serie con una schermata nera di dieci lunghissimi secondi che lascia lo spettatore del tutto sconvolto perché non saprà mai se Tony è vivo o è stato ucciso durante quella sua ultima cena familiare.

Malgrado di certo il pubblico non si aspettasse un finale tradizionale, quello che è stato dato forse è stato anche troppo. Dopo sei stagioni infatti i fan della serie meritavano di sapere quale sarebbe stato il destino di Tony e della sua famiglia nel bene o, come è probabile, nel male.

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