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L’evoluzione dei Muse è un’evoluzione psicopatica. Lo dice il primo estratto dall’album in arrivo a giugno (“Drones”) che apparecchia la tavola e mostra al pubblico due dati pressoché certi in vista del disco in arrivo.

Numero uno: i Muse abbandonano almeno momentaneamente, le sonorità che hanno accompagnato il loro viaggio musicale negli ultimi anni. Psycho (ma probabilmente sarà così per l’opera intera) è indicativo di un ritorno al passato. Del bisogno di ripristinare il contatto con quella che è stata la base del successo della band britannica.

Numero due: il ruolo che giocheranno i droni sarà fondamentale e affascinante. E Psycho sembra il pezzo giusto per anticipare il succo di un album che, a livello tematico e musicale, non dovrebbe allontanarsi eccessivamente dal primo estratto.

Ma andiamo per ordine. Le sonorità, dicevamo. I Muse riscoprono i suoni duri che hanno caratterizzato il primo step della loro carriera. E cercano di amplificarli ancora. Di renderli più forti. Si erano stabilizzati su canali più elettronici, rilevando un ulteriore gran successo a livello mondiale e dando pratica dimostrazione di poter tranquillamente variare le carte più e più volte, senza che il risultato finale cambi. E se lo fa, cambia in meglio.

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E poi i Droni. È utile una debita premessa: i testi dei Muse non sono mai stati banali. Hanno sempre avuto nel mirino precisi obiettivi. Dalla teologia al futurismo, passando per la fine del mondo e tante denunce politiche. Psycho assorbe argomenti attuali. Pizzica la mente umana e pone un drone al centro dei cinque minuti della canzone.
Il gioco è psicologico, ma anche piuttosto lineare. I droni non sono altro che la metafora di psicopatici assassini che si succederanno come se fosse un albero genealogico. Il brano narra di un dialogo tra un drone psicopatico fatto e finito e un uomo che drone ancora non lo è.

Il drone lancia dei comandi inquietanti e l’uomo risponde “Sì, signore” in segno di obbedienza. È più spiazzante la seconda strofa. Tira i remi in barca a livello sentimentale e diventa testualmente più rude in un breve passaggio.

Amore, non lo otterrete da nessuna parte
Siete da soli
Persi nel nulla
Allora vieni da me ora
Potrei usare qualcuno come te
Qualcuno che ucciderà al mio comando
E non fare domande

È emblematico il ritornello. Dopo la lezioncina iniziale sulla trasformazione in drone del soggetto interessato dichiara in maniera aggressiva che “ti farò diventare un fottuto psicopatico”. E poi “Your ass belongs to me now”.
Il tuo culo appartiene a me adesso. Che come si potrà facilmente dedurre è una frase meno volgare di quanto possa sembrare e più carica di significato. È come se i droni controllassero mentalmente gli uomini tanto da trasformarli in droni. Il processo continua all’infinito.

Il secondo lato della canzone non è che la naturale conseguenza del primo. Impartiti gli ordini, ora anche l’uomo chiamato in causa è diventato un drone. La sua mente è diventata un semplice programma, invasa dal virus del drone cantante che ora lo costringerà a uccidere senza responsabilità altre persone.

Sei un drone umano?
(Sì, signore!)
Sei una macchina per uccidere?
(Sì, signore!)
Sei sotto controllo figlio di putt@na, hai capito?
(Sì, signore!)

La tua mente è solo un programma
E io sono il virus
Sto cambiando la stazione
Io aumenterò i tuoi limiti
Ti trasformerò in un super-drone
E ucciderai al mio comando
E io non ne sarò responsabile

E la storia si ripete. Ancora. Ancora. E ancora.

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