I miti e gli eroi di oggi erano gli uomini di ieri. Anche per l’arte della nota il passato degli anni Settanta e Ottanta rappresenta lo scrigno che custodisce i re della musica, il meglio di sempre, il meglio per sempre. Tra le celebrità internazionali che appassionavano i fan di intere generazioni e di ogni angolo del mondo si ricordano i messaggi d’amore e di speranza, di forza e di gioventù, ideali e passioni reali che diventavano sogni di vita, messaggi che resero la musica e l’arte dei Queen, la rock band britannica formatasi a Londra nel 1971, un mezzo di diffusione e di rivoluzione.
Il 5 Settembre 2014 ha rappresentato una ricorrenza triste ma significativa insieme per gli appassionati dei Queen: vent’anni dalla morte di Freddie Mercury, leader e cantante della band. I Queen erano composti da Freddie Mercury, dal chitarrista Brian May, dal batterista Roger Taylor e dal bassista John Deacon. La scomparsa di Freddie Mercury, malato di Aids, ha rappresentato una tragedia ma non ha impedito alla musica dei Queen di far sognare ancora, portando le generazioni a considerarli idols e a mitizzare il loro frontman. Ricordiamo insieme il meglio della musica dei Queen.
Bohemian rhapsody
(A night at the opera, 1975)
«Rapsodia è il termine con cui in musica si definisce una composizione musicale libera, ovvero una composizione che non segua alcuno schema prestabilito» dice Wikipedia. E così era la musica dei Queen, piena di sentimento ma senza razionalità, senza alcun ordine già prestabilito. Era pura improvvisazione e creazione. Bohemian rhapsody, la musica classica si fondeva con il rock dando vita ad un successo senza pari. Negli anni Novanta ne uscì una discreta versione hip-hop a opera di una band meteora, The Braids.
Somebody to love
(A day at the races, 1976)
“Somebody to love” è come una festa di canti e doppie voci, un coro gospel, una sola emzoione. Brian May spiegò che il loro modello era Aretha Franklin. “Non ho il tocco, non ho ritmo, perdo sempre il tempo”.
We are the champions
(News of the world, 1977)
“We are the champions” è stata definitiva come una autobiografica celebrazione dei successi dei Queen e di Freddie Mercury, successi che hanno segnato la musica di un ventennio.
We will rock you
(News of the world, 1977)
Insieme con “We are the champions”, questo singolo era stato scritto per sprigionare energia e forza al pubblico durante i loro concerti. Andarono in una chiesa sconsacrata e pestarono in terra con mani e piedi creando uno dei brani rock più audaci e noti di sempre. Uscì accompagnando “We are the champions” nelle esecuzioni live.
Don’t stop me now
(Jazz, 1978)
“Burnin’ through the sky…”: vera e pura esaltazione del rock, della musica e della storia del rock. Il pubblico era il delirio e Freddie Mercury si scatenava suonando il pianoforte e cantando il pop del successo: “Don’t stop me now, I’m havin’ such a good time, I’m havin’ a ball!”.
Bycicle race
(Jazz, 1978)
Il Tour de France fu responsabile dell’opening di questa sensazionale performance dal carattere sportivo ed elettrizzante. Estroverso e sentito il refrain alla beatlestyle fu meraviglioso e per girare una clip fu allestito un set con più di sessanta modelle nude in bicicletta da cui il titolo traducibile con “ragazze culone”: “bycicle races are coming your way, so forget all your duties, oh yeah!”.
Save me
(The game, 1980)
Erano da poco incominciati gli anni Ottanta, si chiudeva il periodo delle contestazioni giovanili e si cercava di guardare al futuro. I Queen erano al vertice del loro successo quando il chitarrista Brian May scrisse e compose “Save me”.
Another one bites the dust
(The game, 1980)
Un pezzo funky aggressivo arrangiato e montato da John Deacon, odiato da Roger Taylor, il batterista dei Queen, ma amato da Michael Jackson che incitò i Queen a comporne un singolo, diventato il più grande successo americano.
I want to break free
(The works, 1984)
Si erano vestiti, anzi si erano travestiti da casalinghe e Freddie Mercury passava l’aspirapolvere, inguardabile con i baffoni e una minigonna. Il video che suscitò reazioni sdegnate era una parodia tutta inglese di una soap opera televisiva locale.
One year of love
(A kind of magic, 1986)
Singolo che poco aveva a che vedere con la musica da stadio o da concerto dei loro successi: la languida ballata venne composta dai Queen in fase calante, usata nella colonna sonora di Highlander con Christopher Lambert.