Una fuga ad alto tasso spettacolare. Un paese intero fermo davanti la tv ad assistere all’inizio di quello che sarebbe passato alla storia come il processo del secolo e che oggi diventa una serie tv dal titolo “Il Caso O. J. Simpson: American Crime Story”. Una serie evento che ripercorre il caso giudiziario più discusso d’America. Per capirne il motivo basti solo pensare che furono in 95 milioni a guardare in diretta, il 17 giugno 1994, l’inseguimento sulla highway di Los Angeles della Ford Bronco bianca su cui si trovava O.J. Simpson. Una caccia all’uomo senza precedenti, trasmessa in diretta da tutti i principali canali tv americani, che segnò, forse, l’inizio della “reality television” come la conosciamo oggi.
A bordo di quell’auto inseguita dalla polizia c’era Orenthal James Simpson, un monumento del football a stelle e strisce. L’incarnazione dell’American Dream, un simbolo di riscossa per la comunità afroamericana. Dal 1969, e per oltre dieci anni, OJ ha incantato milioni di spettatori correndo sui campi di football. E la fama lo aveva portato pure al cinema (tra i suoi film più famosi “Una pallottola spuntata” e “Capricorn One”). La vita smette di sorridergli il 12 giugno del 1994. Quel giorno la polizia di Los Angeles aveva rinvenuto il corpo senza vita di Nicole Brown Simpson, l’ex moglie di O.J., e di un suo amico Ronald Lyle Goldman. Di lì a breve tutti gli indizi (tracce di sangue sull’auto di Simpson, un taglio alla mano che non riesce a spiegare e un guanto simile a quello rinvenuto sulla scena del crimine) portarono la polizia a spiccare un mandato d’arresto ai danni di Simpson. È in quel momento che O.J., sostenendo la sua innocenza, si da alla fuga. Alla fine l’ex runningback, che aveva minacciato più volte il suicidio durante la sua folle corsa, si arrese. Iniziò così il processo più celebre della storia degli Stati Uniti alla fine del quale la giuria assolse Simpson. Un processo caratterizzato da troppi errori dell’accusa (celebre quello della prova del guanto in aula), da una questione razziale sempre pronta ad esplodere ma, soprattutto, da una presenza morbosa dei media
Ed è ancora in tv che oggi, a distanza di oltre vent’anni, rivive quella vicenda che tenne gli Stati Uniti col fiato sospeso. Dopo il consenso unanime di pubblico e critica USA, “Il Caso O. J. Simpson: American Crime Story” arriva anche in Italia, mercoledì 6 aprile, sul Fox Crime (canale 116 di Sky) La serie scritta da Scott Alexander e Larry Karaszewski, racconterà in 10 episodi tutte le fasi del processo traendo ispirazione dal best-seller di Jeffrey Toobin, “Run of His Life: The People v. O.J. Simpson”. La vicenda di O.J. Simpson è il primo case study della nuova serie tv American Crime Story; la serie prodotta da Ryan Murphy è pensata con la stessa struttura narrativa di un’altra sua celebre creatura: American Horror Story: ogni stagione racconterà dunque un caso di cronaca nera. Nello specifico di questa serie, ogni puntata si focalizzerà sulle diverse figure chiave che entrarono in gioco del processo e sui passaggi che ne determinarono il verdetto finale. In questo quadro narrativo così complesso il personaggio di O.J. è quasi relegato ai margini. Perché il cuore dello show in fondo non è tanto la colpevolezza o innocenza di Simpson, quando piuttosto mettere sotto processo “il processo” che ha fatto la storia, viziato tanto dalla pressione mediatica quanto dalla società di allora ancora fortemente razzista.
Nel cast stellare spiccano il premio Oscar Cuba Gooding Jr., che interpreta O. J. Simpson, e John Travolta che torna in tv dopo 40 anni nel ruolo di Robert Shapiro, avvocato e amico di Simpson. Con loro ci sono Sarah Paulson che è Marcia Clark, il combattivo pubblico ministero dell’accusa, e David Schwimmer, il Ross della serie tv Friends, che interpreta Robert Kardashian, altro avvocato del Dream Team di difesa, nonché padre delle sorelle Kardashian.