«Un uragano timido». L’ha definita così Piero Pelù quando all’ultima puntata dei Knockout ha deciso di portarsi Ira Green ai Live. Ira (nome d’arte di Arianna Carpentieri) è proprio così, una tosta, senza filtri, ma con un lato sensibile che nasconde dietro la faccia da dura. Dura come il metal rock che ha portato sul palco di The Voice of Italy conquistando il pubblico di Rai Due e mandando in visibilio tutti e quattro i coach, con quella la sua voce graffiante e quell’energia travolgente che come ha detto J-Ax fa svegliare anche le vecchiette che si sono addormentate con Rai Uno. Superate Battle e Knockout ad attenderla ora c’è decisivo momento dei Live. Tra una prova e l’altra, Blog di Cultura è riuscita a intercettare Ira Green che ci ha regalato un po’ del suo tempo di pausa per rispondere alle nostre domande.
Partiamo dall’inizio. Come ti sei avvicinata alla musica ?
L’amore per la musica proviene dai miei genitori perché entrambi suonavano e cantavano, ma come ho spiegato anche nell’intervista di presentazione a The Voice, che però non è andata tutta in onda, avvicinarmi alla musica è stato più un modo per distrarmi dalla vita che conducevo. Non sono una persona che si esprime molto bene con le parole e quindi a quel punto ho preferito farlo attraverso la musica. Anche se poi ho scelto un genere estremamente espressivo che tende più ad urlarle le cose che a spiegarle.
Quasi un paradosso insomma.
Ci sono cose che puoi dire anche a bassa voce ma il 90% delle volte nessuno ti ascolta. Se vuoi esprimere il tuo parere su qualcosa, non lo dici certo con gentilezza, ma in modo deciso. Quel genere è così, non te le manda troppo a dire.
E a The Voice come ci sei arrivata?
Più di tutti devo ringraziare il mio compagno, Marco. Venivo da un periodo in cui ero completamente chiusa in me stessa al punto di non suonare più. È stato lui a spingermi ad andare a fare il provino. Che poi tra l’altro quando mi hanno chiamata io ho risposto anche un po’ scocciata, perché ne ho fatti tanti altri di provini ma sempre con scarsi risultati. Forse saranno state sbagliate le mie scelte riguardo ai pezzi da portare o forse non era ancora il momento. Perché comunque il mio genere non è nemmeno tanto “normale”, diciamo così. È irruento, si impone un po’ troppo. Dopo le Blind però ho iniziato a credere di più anche io e ora vado avanti.
Cosa speri ti possa lasciare l’esperienza di The Voice una volta finita?
Mi ha già segnato parecchio perchè se prima se ero un po’ più superficiale adesso sono più precisa e anche più attenta se mi danno un consiglio o mi fanno una critica. Anzi seguo più una critica che un complimento. Se qualcuno mi dice ‘guarda su questo pezzo non hai fatto bene’, il minimo che posso fare, stando a questi livelli, è starlo a sentire. Se prima potevo prendermi la confidenza di fregarmene e continuare a fare di testa mia, adesso, vedendola anche in prospettiva futura, non posso permettermi di fare certe “stron****.”
Nonostante alle Blind si siano girati tutti e quattro i giudici non hai esitato a scegliere Piero Pelù. Come stai lavorando con il tuo coach?
Piero lo avevo scelto ancora prima di partecipare. Sto lavorando benissimo con lui. Non si può immaginare quanto sia umano, è quasi come un padre: dà consigli, non crea false aspettative e ti indirizza sulla nostra strada con finezza, senza mandarti allo sbaraglio. Con ognuno di noi parla in modo diverso e questo fa capire che è una persona vera e che quello che ti dice lo sente davvero e si vede. Almeno io lo vedo.
Ad un passo dai live che sensazioni provi?
Durante le puntate registrate sei più tranquillo, ma il live cambia tutto perché in diretta hai davvero la percezione di essere in televisione e arrivare a milioni di persone. Da una parte hai timore ma dall’altra ti fa un effetto liberatorio che ti fa dire “c**** ci ho messo tutto questo tempo per arrivare qui, non è questo il momento di avere paura.” Ci cose più gravi per cui ti puoi spaventare, questa è un’occasione da giocarsi.
Quali sono stati i modelli che ti hanno fatto avvicinare al rock?
Vari. La maggior parte vengono dal metal, dal grunge, dal rock anni ’60-’70 come i Led Zeppelin e i Pink Floyd per esempio, mi hanno distrutto la testa. Ho iniziato prima col rock classico per poi virare su quello più pesante degli AC/DC fino a quando non sono arrivata al metal. In pratica ho fatto un percorso inverso rispetto a tanti altri che iniziano ascoltando il grunge, perché tutti gli adolescenti hanno ascoltato almeno un pezzo dei Nirvana, invece io ho fatto il processo contrario perché al grunge ci sono arrivata dopo tutto quello che avevo ascoltato. Il grunge però non sono solo i Nirvana ma anche gli Alice in Chains, i Silverchair, gli Screaming Trees, i Soundgarden. Sono quelli che più mi hanno colpito. La voce in assoluto migliore, per me è un incrocio tra Chris Cornell dei Soundgarden e Layne Staley degli Alice in Chains, perché sono state due delle poche voci che più di altri mi hanno formata a livello di melodia.
Se dovessi descrivere questo momento della tua vita con una canzone quale sarebbe?
Junkhead degli Alice in Chains.
Vinci The Voice. La prima cosa che fai?
Festeggio. Magari vincessi, sarei arrivata a quello che vorrei che non è tanto il premio finale quanto riuscire a comunicare qualcosa con la musica. E non è una risposta diplomatica perché io dico sempre quello che penso.
Se ti proponessero un duetto con un big della musica, chi vorresti?
Eddie Vedder (voce dei Pearl Jam, n.d.r.) e di italiano Pelù!
Dopo The Voice come te lo immagini il futuro?
Spero di rimanere sempre così come sono e poi fare un disco. Anche se a dire la verità preferirei fare il produttore. Facendo questo percorso sto vedendo quanto sia difficile per certi ragazzi essere capiti come artisti. Se fossi un produttore forse avrei la sensibilità per capire la frustrazione di tanti ragazzi che provano a fare musica, sono bravi ma non riescono ad andare avanti, perché adesso i tempi sono cambiati.