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Il 29 gennaio è uscito nelle sale cinematografiche l’atteso primissimo film di Maccio Capatonda “Italiano Medio”, preannunciato circa un mese fa dal trailer geniale che iniziava proprio con “Dall’autore di: nessun’altro film” in perfetto stile Capatondiano.
Ebbene se vi aspettate, come molti, un semplice rimontaggiodelle scene più divertenti della serie di youtube state sbagliando di grosso perchè siamo di fronte a un’opera che ha saputo dimostrare tutta la validità e l’intelligenza del suo creatore: un debutto in grande stile che ha superato tutte le aspettative, creandone però anche molte per il futuro che speriamo non vengano deluse.

Se non lo avete ancora fatto, ecco cinque buoni motivi per cui dovreste staccarvi immediatamente da questo pc, radunare i vostri amici (se non vengono peggio per loro, andate da soli) e correre alla velocità della luce verso il primo cinema aperto. E per quanto possa valere l’opinione della scrivente, vi assicuro che non ve ne pentirete.

1. Per i titoli iniziali. Capisci che questo film è geniale e vale tutto il costo del biglietto solo per la prima frase che appare sullo schermo: “Tratto da una storia finta”. La conferma definitiva è la risata generale per la battuta che tutti, dopo aver visto il trailer, aspettano: “Scopare!”

2. Perché è (finalmente) qualcosa di veramente diverso e originale. Non è la comicità veniale e preconfenzionata di De Sica e Boldi, né il solito clichè di Checco Zalone sui “terroni” e i “polentoni”, né l’umorismo più sottile ma con quel gusto di già visto degli ultimi film di Aldo Giovanni e Giacomo, e non è nemmeno la commedia romantica, sentimentale e tutta italiana di Pieraccioni. É qualcosa di rigorosamente e sorprendentemente nuovo, mai visto, forse un mix: il figlio ribelle, forse inevitabile, di tutte le cose precedentemente descritte.

3. Perché non si tradisce: infiniti i riferimenti alla serie di Youtube, tra battute e personaggi, ad esempio c’è Herbert Ballerina (Luigi Luciano) e Ivo Avido (Enrico Venti). Ma il film è anche superamento, rivelazione di quel senso che sfugge nei video di 20 minuti ma che poi si riscopre, coerente e razionale in una costruzione narrativa impeccabile e nella morale finale, lucidissima e spietata.

4. Perché sembra un dizionario filmato sui mille modi per cui far ridere un pubblico in sala. Per far passare il suo messaggio Maccio usa tutti i linguaggi: dalla comicità veniale della battuta sconcia, al gioco di parole paradossale e quasi “triste”, alle caricature dei personaggi e delle situazioni, ai riferimenti continui a un reale che si rivela non essere mai troppo lontano dal suo immaginato, gonfiato, tragicomico rotocalco. La satira complessa, riflessiva e pungente è presente in ogni minuto di pellicola e tesse la propria tela, lasciandosi intravedere, nascondendosi dietro mille linguaggi fino a gettare ogni maschera nel finale, rivelandosi sorprendente e veritiera.

5.Perché è satira. Quella vera, corrosiva, che tocca tutti infischiandosene di etichette e politacally correct, non risparmia niente e nessuno: i ricchi e i poveri, i superficiali e gli impegnati, i terroristi e i cattolici, i pacifisti e i passanti. Rappresenta e tocca tutti, orizzontalmente. Annulla la lontananza tra spettatore e schermo, impossibile non sentirsi parte di quel gioco da cui tanto vorremmo prendere le distanze, impossibile sfuggirne. Ed è così che colpisce, fa riflettere davvero.
Tocca l’italiano medio, quello da calcio, veline, tv, talent show e discoteche di cui tanto siamo fieri di sentirci diversi a volte. Eppure scopriamo che almeno una volta nella vita siamo stati un po’ “italiano medio” anche noi, o avremmo voluto esserlo.
Tocca l’impegnato intellettuale, così intransigente e negativo che giustifica con la disillusione e il cinismo la sua incapacità di azione, la sua inerzia. (Quante volte non agiamo nascondendo la testa dietro all’idea che tanto non potremmo cambiare nulla?).
E infine tocca te, che non ti senti parte di nessuna di queste categorie e credi beatamente di startene al sicuro, di essere salvo,di aver semplicemente visto un bel film sulla comoda poltroncina del tuo cinema di provincia, in cui non hai proprio fatto nulla di male se non ridere copiosamente. Eppure il messaggio finale, forse il più rivelatore, ironico, spietato è proprio per te.

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