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La televisione è diventata, nel corso degli anni, un luogo pieno di oscenità di ogni genere. In questi ultimi mesi, però, abbiamo assistito, senza poterci fare nulla, ad una lunga serie di video e fermi immagine raccapriccianti per quanta brutalità mostravano agli occhi del mondo. Stiamo parlando dei video dell’Isis, dei veri propri film studiati a tavolino e realizzati da esperti della comunicazione per terrorizzare il pubblico a cui sono rivolti e mostrare quanto più male possibile in pochi secondi.

Ieri RaiNews24 ha comunicato una decisione presa dopo parecchi mesi di riflessione e discussione nel gruppo di redazione: RaiNews24 e RaiNews.it non trasmetteranno più i filmati prodotti dall’Isis. Questo non significa che non verranno più raccontati i fatti o non verranno mostrate più immagini sull’argomento: verranno mostrati soltanto fermi immagine. Il giornalismo, quindi, si posiziona nel mezzo per fare da tramite tra il terrorismo e il pubblico, i telespettatori, i lettori che si informano.

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Il giornalismo, quello sano e intelligente, ha dimostrato proprio ieri di sapere fino a che punto è lecito arrivare. Il messaggio di Monica Maggioni, la giornalista che ha annunciato la decisione di RaiNews, è chiaro e va dritto al punto: “L’orrore e la crudeltà sono noti a tutti. Quello che invece d’ora in poi si fermerà è la macchina della propaganda“. Le parole della giornalista, che ha definito “Hollywood del terrore” i filmati realizzati dai terroristi, mettono in primo piano la questione fondamentale del discorso. RaiNews24 e RaiNews.it non trasmetteranno più i video dei terroristi per non essere più parte della loro propaganda, per non mettersi al servizio della crudeltà già nota a tutti dopo i recenti fatti che hanno scosso il mondo occidentale.

Trasmettere i filmati dell’Isis non ha cambiato lo stato delle cose, ma ha soltanto aggiunto terrore, paura, indignazione, frustrazione, dolore allo stato d’ansia in cui tutto il mondo è immerso da tempo. La dignità, le libertà fondamentali su cui si basa la società occidentale contemporanea e i valori in cui essa crede sono stati minati e profanati per sempre ma l’informazione può fare qualcosa per non aggiungere il sale sulle ferite e non mettersi al servizio di coloro che hanno voluto e raggiunto il loro fine.

Gestire il materiale prodotto dall’Isis e decidere fino a che punto mostrare le immagini è un lavoro che poche redazioni hanno fatto fino ad ora. Mandare in onda i video integrali delle esecuzioni, delle torture, dei messaggi di alcuni terroristi è stato, a mio parere, un modo per assecondare il loro volere. L’informazione si è piegata alla volontà del terrorismo ed ha trasmesso immagini studiate per colpire ognuno di noi. Con ciò non si intende che sia necessaria una forma di censura o di controllo delle informazioni, ma soltanto ragionare su cosa sia possibile, e umano, trasmettere e cosa dovrebbe, invece, non essere trasmesso: è una questione di dignità e di libertà.

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