Un mito. Quante volte abbiamo usato questo termine senza capirne la portata? Eppure, nel caso di Muhammad Alì, scomparso nella notte all’età di 74 anni, tale appellativo calza alla perfezione. Nato come Cassius Clay nel gennaio del 1942 (a Louisville), Alì si è spento a Phoenix, dopo una crisi respiratoria durata due giorni: nel 1984 gli era stato diagnosticato il morbo di Parkinson, che col tempo era divenuto sempre più acuto e debilitante. La terribile malattia non impedì però all’ex pugile ex campione mondiale dei pesi massimi di accendere la torcia olimpica all’inaugurazione dei giochi di Atlanta del 1996, regalando al mondo una delle immagini sportive più suggestive dello scorso secolo.
Anche il cinema, in maniera appassionata, si è occupato più volte dell’iconica figura di Cassius Clay, personaggio di respiro piuttosto ampio non solo in quanto sportivo ma anche a causa degli schieramenti abbracciati. Fece scalpore la sua conversione all’Islam a 22 anni, fece ancor più scalpore il rifiuto di prendere parte alla Guerra del Vietnam: “Non ho niente contro i Vietcong: loro non mi hanno mai chiamato negro“.
Ecco, dunque, come la settima arte ha raccontato il mito di Muhammad Alì.
Io sono il più grande (1977)
Diretto da Tom Gries e Monte Hellman (poi produttore de Le Iene di Tarantino), è il primo film incentrato su Alì, nonché la prima apparizione del pugile afroamericano sul grande schermo (interpreta, naturalmente, sé stesso). Nella pellicola, che va dall’oro olimpico vinto nel ’60 a Roma al leggendario incontro con George Foreman a Kinshasa, ci sono anche Ernest Borgnine nei panni di Angelo Dundee e James Earl Jones (la voce di Darth Vader in Star Wars) in quelli di Malcolm X, grande amico del pugile.
Quando eravamo re (1996)
Da Oscar. Ecco come classificare quest’opera di Leon Gast, premiata nel ’97 con la statuetta per il miglior documentario: un formidabile assemblaggio di immagini di repertorio che raccontano la preparazione di Alì per il rumble in the jungle, il match con Foreman del ’74. L’Alì, boma ye (Alì, uccidilo) urlato dal popolo dello Zaire durante il combattimento con Foreman è da brividi.
Alì (2001)
Qui entriamo decisamente nel campo del biopic. Per il suo Alì, il grande Michael Mann sceglie uno degli afro più cool di Hollywood, Will Smith, che da principe di Bel-Air è diventato interprete sempre più impegnato: Smith si è preparato per il ruolo passando centinaia di ore a guardare i combattimenti di Alì, studiandone i movimenti, e sottoponendosi a una intensa preparazione fisica. Il risultato fu la nomination all’Oscar come attore protagonista, poi andato a un altro afroamericano, Denzel Washington, per Training Day.
Muhammad Alì’s greatest fight (2013)
Meno noto rispetto agli altri, quella di Stephen Frears è un’opera che mostra il vero e proprio conflitto tra Alì e il governo degli Stati Uniti all’epoca del rifiuto di andare a combattere in Vietnam, scelta che causò all’ex Cassius Clay un periodo di ostruzionismo oltreché boicottaggio, in un periodo già non semplice per gli afroamericani. Presentato a Cannes, il film è stato trasmesso in Italia su Sky Cinema nel novembre del 2014.
[Credits: AFP PHOTO]