Giovedì 10 aprile uscirà nelle sale italiane Noah, adattamento cinematografico dell’epopea biblica sul diluvio universale, film che si propone essere un vero e proprio colossal degno delle aspettative che da due anni a questa parte hanno accompagnato le news in anteprima.
La pellicola segna il gradito ritorno dietro la macchina da presa di Darren Aronofsky, dopo i successi de “L’albero della vita” (2006), “The Wrestler” (2008) e “Il cigno nero” (2010). Il regista nativo di New York ha dato alla propria opera una veste imponente, caricando la trama di effetti scenici e dotando i protagonisti di una psicologia profonda, ma allo stesso tempo non snaturando la loro essenza semplice e pia.
Il tema è tratto da quattro capitoli della Genesi, da pagine che risultano essere criptiche nell’interpretazione e che hanno lasciato ampio margine di narrativizzazione romanzata da parte del regista e dello sceneggiatore Ari Handel, i quali hanno aggiunto alcuni momenti alla reale trama biblica, come l’infiltrazione sulla nave di un nemico empio di Noah o le azioni delle donne, che nel testo sacro non vengono citate, o ancora i combattimenti tra gli uomini, così da raggiungere e sorpassare le due ore di proiezione. La computer grafica ha avuto un importante ruolo, molto del badget totale, 125 milioni di dollari, è stato speso per avere effetti speciali titanici, che, insieme alle musiche di Clint Mansell, lasciano allo spettatore una sensazione di timore reverenziale nei riguardi della pellicola e del suo contenuto.
La figura del protagonista è interpretata dal neocinquantenne Russell Crowe, ruolo che era stato precedentemente offerto a Christian Bale e Michael Fassbender, ma che calza a pennello all’attore australiano, grazie al suo aspetto imponente e un’aura mistica che lo circonda durante le sequenze film e che gli donano l’aspetto di un patriarca moderno, ma non profano.
La figura del cattivo è impreziosita dalla presenza di Ray Winstone, emblema dell’uomo che ha abbondato la via di Dio e che Dio stesso ha deciso di abbandonare. La moglie di Noah è interpretata dalla splendida Jennifer Connelly, Emma Watson invece incarna la figura della figlia adottiva, mentre Anthony Hopkins agisce nel ruolo di Matusalemme e nonostante sia una figura secondaria, riesce ad inserirsi nel film con la sua consueta eleganza e trasporto emotivo.
Nel complesso la storia risulta essere credibile, un giusto mix di vari elementi, che vede avvantaggiato il fattore innovativo su quello tradizionale, senza però alterare in modo sostanziale la trama biblica. Il film ha ottenuto ottimi incassi e buone recensioni negli USA, ora bisogna vedere se la sensibilità del pubblico europeo sarà ugualmente appagata.