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Si sta parlando molto degli attentati terroristici avvenuti a Parigi pochi giorni fa. Le immagini che circolano sul web, in televisione e sui giornali ci fanno immedesimare ogni giorno nelle vittime di questo atroce attacco, e ci ricordano che nessuno ormai può definirsi al sicuro.

Una di queste immagini riguarda una ragazza appesa al davanzale del Bataclan, il teatro vittima di uno di questi sanguinosi attacchi.

L’immagine è stata ripresa da Daniel Psenny, un giornalista di Le Monde che quella sera stava lavorando a casa sua, in una palazzina situata proprio dietro al Bataclan. Il video girato dal giornalista ha ripreso la fuga di tutti coloro che stavano assistendo al concerto quella sera: le immagini terribili riprendono persone che scappano dall’uscita posteriore del teatro, alcune zoppicanti, altre mentre trascinano dietro di loro persone inermi. Il video passa da loro alle persone immobili sdraiate sull’asfalto, e infine inquadra quella ragazza appesa, più e più volte.

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Inconsciamente, verrebbe da chiedersi il perchè l’occhio del giornalista ritorni sempre su di lei: un essere umano costretto ad aggrapparsi al davanzale di una finestra, sospeso tra la vita e la morte, mentre attende disperatamente che qualcuno la tiri dentro e la salvi.
Quest’immagine in breve tempo è diventata l’icona di quel terribile giorno, la rappresentante concreta di quel fatto storico avvenuto e ora incancellabile.

La stessa cosa accadde per l’11 Settembre, quando un uomo non identificato venne ripreso in caduta libera verso la morte: l’uomo era rimasto intrappolato ai piani alti di una delle Torri Gemelle in fiamme, e questo l’aveva costretto a buttarsi di sotto.

11. September 2001 - 10 Jahre danach: Die Kamera als Filter des Grauens

Le immagini prese in considerazione non sono molto diverse. Si può forse dire che quella che ritrae la ragazza appesa risulta meno scioccante dell’altra, ma entrambe hanno una cosa in comune: ritraggono persone concrete, reali, persone comuni, morte in un giorno qualunque, mentre stavano svolgendo le loro quotidiane attività. La ragazza appesa, in particolar modo, può rappresentare chiunque di noi, in una sera qualunque, uscito di casa per andare a divertirsi in un locale.

Quella ragazza è stata segnata a vita – sorte comunque migliore di quella capitata ad altre centinaia di persone – per aver commesso un qualcosa che noi occidentali facciamo quotidianamente: divertirci. Che questo avvenga nell’ascoltare musica, nell’andare fuori a cena con il proprio fidanzato o nel recarsi in un luogo pubblico ad assistere una competizione sportiva, non ha importanza.

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Agli occhi di questi terroristi, siamo tutti peccatori, infedeli, colpevoli di reati che noi svolgiamo quotidianamente, e che nella nostra cultura non sono ritenuti nocivi. Gente comune colpevole di non aver fatto del male a nessuno: gente comune colpevole di essersi ritrovata nel ristorante, teatro o stadio sbagliato.

A makeshift memorial honoring the victims of the terror attack in Paris is seen outside the Consulate General of France in San Francisco, California

L’immagine della ragazza appesa al davanzale ci riguarda più di quanto immaginiamo: è l’Europa, il mondo intero, siamo noi tutti, appesi in attesa di scoprire se una mano ci aiuterà a vivere o un’altra ci lascerà cadere verso la morte.

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