Singolare causa quella intentata da una società investigativa nei confronti di Rockstar Games, casa produttrice el capolavoro videoludico Red Dead Redemption 2.
I giocatori che hanno affrontato quello che è stato definito come uno dei picchi più alti della narrativa videoludica, hanno avuto a che fare molto spesso con gli “agenti della Pinkerton”, una società investigativa con il compito di catturare e far processare (spesso ottenendone l’impiccagione) gli ultimi banditi del west.
E ecco che Rockstar Games, come in uno strano sovrapporsi di realtà, si ritrova anche lei alle prese con la Pinkerton National Detective Agency.
La società investigativa avrebbe infatti fatto causa alla software house, accusandoli aver utilizzato in modo improprio il suo brand.
La società, fondata da William Pinkerton nel 1850, somiglia effettivamente molto a quella del gioco.
In Red Dead Redemption 2, i suoi agenti vengono rappresentati secondo l’accusa “come cattivi, a caccia dei protagonisti del gioco”, i Pinkerton si vantano invece di aver aiutato nel corso della storia le forze dell’ordine, catturando famosi criminali.
Rockstar si appella invece alla costituzione, spiegando come il gioco ricostruisca in modo accurato la cultura americana dell’antico west di fine ‘800.
La citazione dei Pinkerton, è solo un elemento storico, e una semplice caratterizzazione per rendere più realistica la loro opera d’arte.
I “Pinkerton” si trovano inoltre nelle più svariate opere che parlano dell’epoca. Da”La valle della paura” ai film “la Leggenda di Zorro” e “Quel treno per Yuma”.
Anche in “Continuavano a chiarlo Trinità” troviamo Bud Spencer e Terence Hill alle prese con i Pinkerton. L’accusa non si base quindi su un subastrato molto solido.
Allo stesso tempo, i Pinkerton non vengono dipinti come personaggi necessariamente cattivi, ma come un gruppo che cerca ad ogni costo di assicurare alla giustizia la banda del protagonista, offrendo numerose possibilità, prima di passare all’utilizzo della violenza, elemento che potrebbe scagionare Rockstar dall’accusa di uso improprio.