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È in uscita, il 16 dicembre, il nuovo film “Il ponte delle spie”, pellicola firmata da Steven Spielberg, grande appassionato di storia contemporanea, che commenta così la scelta della trama e del protagonista: “Una delle cose che ho amato di questa storia è stato Donovan e la sua tenacia, combatte per quello in cui crede: la giustizia per tutti; e Tom era perfetto per questa parte”.

Ancora una volta è Tom Hanks a reggere il ruolo da protagonista a fianco di una regista del livello di Spielberg; “Il ponte delle spie” sarà la quarta collaborazione dei due talenti di Hollywood dopo Salvate il soldato Ryan, Prova a prendermi e The Terminal.

Tom Hanks e Steven Spielberg sul set del film
Tom Hanks e Steven Spielberg sul set del film

È una storia vera quella che ha ispirato Spielberg: la storia dell’avvocato James B. Donovan, legale di assicurazioni di Brooklyn, che nel 1959, in piena guerra fredda, si trova a difendere il pittore Rudolf Abel, accusato di essere una spia sovietica.
Il forte senso etico e di giustizia che anima l’avvocato gli permette di superare il pregiudizio che sta dilagando intorno a lui come difensore di un nemico della patria: in Abel, Donovan vede un uomo prima che una spia, e in quanto essere umano ha il diritto a un processo democratico.
La storia si complica in seguito alla cattura di un pilota americano, Francis Gary Powers, durante una missione di perlustrazione nei cieli dell’Unione Sovietica, dopo questo avvenimento non sarà il processo l’ostacolo più grosso che Donovan dovrà superare, ma la negoziazione con la Russia, affidadatagli dalla CIA, per il rilascio del pilota americano catturato.

Drammatico, thriller, biografico, storico: i fratelli Coen firmano una sceneggiatura da brivido, emozionante e di grande attualità, coinvolgendo vari generi e creando 140 minuti che sanno di capolavoro.

Il titolo si ispira al Ponte Glenicke, realmente esistito a Berlino, luogo in cui avvenivano gli scambi tra servizi segreti americani e spie della Germania Est.
Berlino fa da sfondo della negoziazione di Donovan, con il muro ancora in piedi che si offre metafora di un sottile ma apparentemente invalicabile confine tra due potenze in lotta, tra un uomo e un colpevole, tra un essere umano e un nemico.

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