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“Che brutta sceneggiata napoletana l’addio a Pino Daniele”. Titola così il suo articolo di ieri su Libero Selvaggia Lucarelli e per una volta non parla a sproposito anche se personalmente la definirei “una sceneggiata totale”. Dalla notizia della morte del cantante, data dai social network mentre agenzie e giornali dormivano sonni tranquilli, è stato un continuo starnazzare. L’hashtag #PinoDaniele in tendenza su Twitter costantemente, video, foto, stati d’animo pubblicati a raffica anche da quelli a cui la musica di Pino Daniele forse non era mai piaciuta.

Flashmob in piazza, selfie in camera ardente, polemiche sul luogo in cui la famiglia ha deciso di celebrare il funerale e poi seppellire il cantante. Fan che si prendono la libertà di voler decidere al posto dei familiari come se il cantante, la figura pubblica, fosse più importante della persona, del Pino Daniele “privato”. E’ il caso di capire che si sta esagerando, che quest’arroganza è davvero troppo, e che se davvero si amano le emozioni che con le sue canzoni Pino Daniele ha trasmesso, bisognerebbe rispettarlo di più ed essere meno egoisti; scrive giustamente la Lucarelli “il rispetto per questa sua riservatezza dovrebbe essere il più importante tributo che gli deve chi lo ha amato. Più dei concerti in piazza, più delle veglie, delle candele, dei cori, dei flash-mob.”

Liti tra familiari, due funerali, come se fosse più importante il volere dei fan, di chi è rimasto, di quello invece dello stesso Pino il quale aveva lasciato ormai da molto tempo i mille colori di Napoli. Riascoltate la sua musica, fatevi un pianto tra le mura della vostra stanza e lasciate che Pino riposi come desiderava.

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