Molte sono le serie tv, per lo più provenienti dagli Stati Uniti, che raccontano dall’interno la politica, da quella del Presidente americano come nel caso del celebre West Wing, a quella delle piccole città. Sono racconti che mostrano al pubblico come funziona la macchina della politica che, se apparentemente sembra non interferire direttamente nella vita delle persone, in realtà è una parte fondamentale di essa.
Deve essere proprio per questo che i telespettatori ne sono tanto affascinati; la politica nella mente dei cittadini appare lontana e astratta ma grazie alle serie tv che la raccontano è possibile cogliere ogni momento delle vite di quegli uomini che la fanno, che prendono decisioni difficili spesso non comprese dai loro elettori. Per molti versi raccontare la politica è un altro modo per fare denuncia di ambienti corrotti e chiusi.
Un esempio di sistema corrotto, fatto di intrighi e ricatti, è certamente quello rappresentato da “The Good Wife” con una strepitosa Julianna Margulies (l’infermiera Carol Hathaway di “E.R. Medici in prima linea”) che interpreta Alicia Florrick, la moglie del Procuratore di Stato Peter Florrick (il Mr. Big Chris Noth) accusato e condannato per corruzione a causa di uno scandalo sessuale. Alicia d’improvviso vede la propria vita su tutti i giornali e si ritrova a dovere gestire la situazione al meglio per i suoi due figli e ritornare nelle aule dei tribunali come avvocato dopo quindici anni d’assenza.
Tutt’altro racconto è quello ideato da Aaron Sorkin che descrive il plot di “West Wing” come “quello che avviene due minuti prima e due minuti dopo che il Presidente degli Stati Uniti è andato in onda sulla CNN”. Sette stagioni, sulla NBC dal 1999 al 2006, che raccontano ciò che accade nell’Ala Ovest della Casa Bianca, dove è collocato il celebre Studio Ovale, e le difficili decisioni che in esso vengono prese dal Presidente democratico Josiah “Jed” Bartlet e dal suo staff, in una parabola dalla campagna per la sua prima elezione al giuramento del suo successore, otto anni dopo, alla fine del suo secondo mandato.
Ventisei sono gli Emmy Awards vinti dalla serie, dovuti certamente alla bravura del cast ma anche al grande realismo della serie che secondo addetti ai lavori “è arrivata al cuore dell’Ala Ovest”; a West Wing infatti hanno partecipato come consulenti fin dalla prima stagione l’ex Addetta Stampa della Casa Bianca Dee Dee Myers così come l’esperto sondaggista Patrick Caddell e per brevi periodi anche ex membri dello staff presidenziale come Peggy Noonan e Gene Sperling.
Sulla stessa via di Presidente “ideale” ma con tutte le fragilità della situazione (essere la prima donna a ricoprire questa carica) è la serie della ABC “Commander in Chief” con Geena Davis alla Casa Bianca che da vicepresidente indipendente deve subentrare il defunto Presidente repubblicano; si mostra da subito certa delle sue convinzioni e umile nel suo ruolo osservando che “il carattere di una nazione è dato non dai suoi governanti, ma dal suo popolo”.
Della stessa idea sull’importanza del ruolo del politico nella società è il senatore Robert McCallister che sostiene che “la politica è il privilegio di prendersi cura delle persone”; probabilmente è per questo che riesce da repubblicano a sposare Kitty Walker e ad entrare nel cuore della grande famiglia di “Brothers and Sisters”, compresi la suocera democratica Nora e il cognato gay Kevin.
A dare nuova linfa al filone serie tv e politica sono arrivati tra il 2012 e il 2013 “Scandal” prodotto da Shonda Rhimes (la creatrice di Grey’s Anatomy) e “House Of Cards” nata per il servizio di streaming Netfix. Se nella prima la protagonista è Olivia Pope, ex direttrice per le comunicazioni alla Casa Bianca che dedica la sua vita a proteggere l’immagine del Presidente e del suo staff da qualsiasi tipo di scandalo, nella seconda al centro delle vicende c’è Frank Underwoodil quale ha aiutato Garrett Walker in campagna elettorale a divenire Presidente ma quest’ultimo non ha mantenuto il patto di nominarlo Segretario di Stato. Ora l’unico obiettivo di Underwood è distruggere la reputazione dei vertici di Washington.