Enzo Ferrari amava le ferie estive «Se le capita di passare dalle mie parti venga a trovarmi, le offrirò qualcosa di fresco», riporta la Gazzetta dello Sport.
«Sa che mi trovo davvero bene qui, nel silenzio?», diceva nei suoi lunghi periodi di solitudine dove leggeva numerosi quotidiani e prendeva appunti delle idee che gli passavano per la testa.
Tutti se lo immaginavano chi sa dove, e invece Enzo Ferrari «andava in vacanza» a Fiorano, vicinissimo alla fabbrica Ferrari dove c’era una pista di collaudo Formula 1.
«Ci andavo qualche volta alla mattina, mangiavo il pesce e poi di sera rientravo a Modena. Sono poche le volte che ci ho dormito», raccontava.
«Mio padre considerava una colpa andare in vacanza, dovevo sempre dribblarlo…», ricorda il figlio.
Ferrari ha fatto sognare milioni di automobilisti creando quel gioiello che il mondo ci invidia, icona di stile e potenza che fece impallidire lo stesso Hitler, subendo lo smacco di un mezzo italiano superiore a quelli tedeschi.
Sono passati trent’anni dalla morte del grande imprenditore, una mente geniale come se ne trovano poche al giorno d’oggi, in grado di innovare e capire lo spirito dei tempi, cavalcando il futuro delle automobili che evolveva sotto ai suoi occhi.
La figura che gli si può accostare, sotto il punto di vista della dedizione al lavoro paragonabile solo a Sergio Marchionne, altro grande scomparso che aveva dedicato anima e corpo al suo mestiere.
In questo trentennale non possiamo che tornare con la mente alla gloriosa Scuderia Ferrari del 1947, la scuderia che segnò il declino di Alfa Romeo e che impose per la prima volta il design e la potenza dei motori di Enzo Ferrari.
Un personaggio iconico per il nostro paese, uno degli uomini più interessanti e particolari della realtà imprenditoriale italiana e della vecchia guardia.