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Thomas Pynchon, Paul Thomas Anderson, Joaquin Phoenix. Basterebbe questo trittico di nomi, un distillato di cultura americana dell’ultimo mezzo secolo, per farvi scattare dalla sedia e andare a vedere Vizio di Forma (Inherent Vice), l’ultimo film dell’ormai ex enfant-prodige di Hollywood, basato sull’omonimo romanzo di Pynchon del 2009. Per gli incontentabili, però, niente paura: abbiamo qualche altra carta da giocare per convincervi a recarvi ad apprezzare l’adattamento di un’opera di uno degli autori più complessi del laboratorio postmoderno.

Prendersi la briga di portare sullo schermo una creatura di Pynchon, diciamolo pure, merita tutto il rispetto possibile già solo per il coraggio mostrato, qualsiasi cosa pensi l’Academy, che dal canto suo ha premiato la sceneggiatura non originale di The Imitation game.

Joaquin Phoenix, l’uomo che non sbaglia un film

Inizialmente il ruolo del protagonista, Larry Doc Sportello, doveva essere affidato a Robert Downey Jr. Il motivo della rinuncia a Downey? Troppo vecchio, secondo Anderson. Allora, spazio a Phoenix. Se c’è un attore, a Hollywood, che negli ultimi cinque anni non ha sbagliato un colpo, è Matthew McConaughey. Se ce n’è invece uno che non ne ha mancata una negli ultimi dieci, di anni, allora quello è Joaquin Phoenix. Lui e Anderson avevano già lavorato insieme – con risultati più che apprezzabili – in The Master. L’adattamento di Inherent Vice rappresenta però un ulteriore impegnativo banco di prova, dopo la strabiliante performance in Lei. Un ostacolo che quello straordinario (e sottovalutato) attore di origini portoricane, ormai alla soglia dei 40, supera alla grande.

Il cast

Vizio di forma è anche il film delle prime volte: è il primo adattamento mai realizzato a proposito di un’opera di Pynchon, ma è anche la prima collaborazione, in tredici anni di matrimonio, di P.T. Anderson e la moglie, Maya Rudolph (che interpreta Petunia Leeway). E se Phoenix è al centro del progetto, il regista californiano gli costruisce attorno una squadra curata nel minimo dettaglio: da Josh Bigfoot Brolin, lo ‘sbirro’ con l’ossessione per i gelati di forma cilindrica, a Benicio del Toro, improbabile avvocato del protagonista; da un Owen Wilson stralunato e a tratti esilarante a Reese Witherspoon, già con Phoenix in Walk the line. Poi ci sono due chicche: la meravigliosa e volatile Katherine Waterston (Shasta, il motore dell’azione) e un irresistibile Martin Short, in versione dentista cocainomane.

L’invisibile Thomas Pynchon

Stando poi a Brolin, in Vizio di forma ci sarebbe anche un cameo dello stesso Thomas Pynchon. Pur avendo questa i connotati di una burla, non saremmo però in grado di distinguerla dalla verità, visto che, a parte una recente (in cui appare con barba bianca), l’ultima immagine autentica del volto dell’autore del romanzo risale al 1963. Ma nel caso di Pynchon, mai dire mai: nella sequenza sottostante, tratta dall’episodio de I Simpson Diatribe of a Mad Housewife, si può ascoltare un rarissimo passaggio vocale dell’autore de L’arcobaleno della gravità, in una toccata e fuga piena d’ironia.

La morte degli anni ’60 (e della loro innocenza)

Inherent Vice è ambientato in un tempo e in uno spazio precisi: 1970, negli States, poco importa se la città di mare di Gordita Beach è frutto della mente di Pynchon. Perchè gli USA emersi dagli anni ’60, la cui forza prorompente rimane ancora tangibile, sono un paese che si risveglia da un sogno e affronta una realtà cruda, che Pynchon affronta in maniera psichedelica. Il massacro di Cielo Drive, ordito da Charlie Manson (più volte citato nell’opera) sarà il simbolo di quel brusco risveglio.
A proposito di anni ’70, qui un trailer rifatto con montaggio e filtri d’epoca: da non perdere.

La locandina

Concedeteci infine un leggero off-topic: Vizio di forma è presentato forse dal poster più suggestivo degli ultimi anni. Coloratissimo e psichedelico ma che non lascia nulla al caso. Come l’imperdibile film di P. T. Anderson.

Vizio di forma: qualche motivo per vederlo

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