Quando si dice “non guardare in faccia nessuno”. È esattamente ciò che sta capitando a Wayne Rooney da qualche mese al Manchester United, sotto la guida tecnica di José Mourinho. Che sia così dai primi giorni della splendente carriera del mago di Setubal è noto: che ciò potesse accadere anche col miglior marcatore di tutti i tempi dei Red Devils ha quasi dell’incredibile. Con il gol allo Stoke City, una punizione in rete oltre il novantesimo minuto di gioco, l’ex Wonder Boy ha firmato la rete n.250 con i tre volte vincitori della Champions League, superando un monumento mondiale come Bobby Charlton.
A stupire, positivamente parlando, è l’eccezionale professionalità con cui l’ex Everton ha vissuto questo declassamento inaspettato e totalmente nuovo per uno che è abituato a non saltare non solo una partita, ma un singolo minuto vissuto all’interno dei novanta con quell’impressionante disponibilità e sacrificio che da sempre lo ha contraddistinto, rendendolo unico nel panorama mondiale per caratteristiche tecniche e tattiche. Da quando ha assunto il ruolo di “dodicesimo”, a volte anche meno, è sempre entrato in campo con estrema caparbietà e dando mai alcun cenno di polemica o disappunto. Un vero capitano, oltre che un campione capace di determinare anche a partita in corso su uno United in netta ripresa.
Con la ripresa dell’Europa League, la Fa Cup e la finale di Coppa di Lega le occasioni non mancheranno, ma che questa possa essere l’ultima delle fantastiche dodici stagioni di Rooney all’Old Trafford è tutt’altro che utopia. Anzi, pochissimi giorni fa è sembrato ad un passo dall’addio, figlio di un’offerta dalla Cina monstre. Ne aveva parlato lo Special One, passando la palla nelle mani dell’inglese e affermando di rispettare qualsiasi sarebbe stata la sua scelta, di vita ancor prima che professionale. Lui è rimasto, per ora: a 31 anni si sente ancora totalmente un giocatore capace di fare la differenza in uno dei club più importanti al mondo.
Le presenze in stagione sono ventinove, cinque le marcature: il ruolo riservatoli da Mourinho è quello di trequartista alle spalle dell’inamovibile Ibrahimovic, escludendo da inizio stagione la riproposizione del britannico a centrocampo, come sperimentato la scorsa stagione da Van Gaal prima ed Hogdson poi ad Euro 2016, con risultati nemmeno poi così deludenti.
La gestione delle grandi figure di uno spogliatoio, negli anni, ha rappresentato croce e delizia per l’allenatore ex Inter. In nerazzurro la capacità di far gruppo anche con quei giocatori leader ma dal basso minutaggio o difficile carattere, Materazzi e Balotelli su tutti, è stata la chiave dei successi nel biennio milanese. Esattamente l’opposto è accaduto nel bollente spogliatoio di Madrid, dove da Casillas a Sergio Ramos fino al connazionale Cristiano Ronaldo sono difficilmente entrato in empatia col tecnico portoghese.
Da questo punto di vista Wayne è stato inappellabile, ma con altrettanta signorilità potrebbe decidere a fine anno di non voler più ricoprire questo ruolo da gregario di lusso, tornando protagonista in altri lidi.