Cicatrici invisibili in grado però di lasciare un segno profondo. Non è di certo un caso quando si dice che le parole possono ferire più degli schiaffi o delle spade.
Il fotografo Richard Johnson, nel suo progetto fotografico “Weapon of Choice” (l’arma della scelta), vuole far immaginare per un attimo che le parole possano lasciare cicatrici visibili. Vuole evidenziare quanto dolore può provocare un insulto. Forse, così, si presterà più attenzione a quel che si dice?
Per la realizzazione di questo progetto Johnson si è fatto aiutare da un make-up artist, che ha abilmente creato lividi e cicatrici sui volti e sui corpi dei soggetti fotografati. Nei segni di violenza ha incastonato, come fossero marchi a fuoco, parole di odio ed insulti come “feccia” o “inutile”.
Johnson afferma: «Il mio scopo è quello di mettere in risalto il fatto che quando si parla di bullismo vi è un vero abuso fisico. Prima che si mettano le mani addosso a qualcuno, c’è di certo un abuso verbale che precede quello fisico. E quello verbale può fare ancora più male, perché te lo trascinerai dietro per tutta la vita. L’abuso verbale, da parte di figure autoritarie o genitoriali, è un fatto che voglio sottolineare. Non esiste solo l’abuso tra coetanei, e parlo per esperienza personale. Credo che in ogni situazione di maltrattamento ci siano almeno tre persone coinvolte: chi abusa, la vittima ed un testimone. È più grande di me. Non riguarda la fotografia o il fotografo. È un problema ben più grande che bisogna infilare nella testa delle persone.»
Le immagini seguenti possono disturbare i lettori sensibili e/o facilmente impressionabili.
Le immagini seguenti hanno un contenuto verbale più pesante delle foto precedenti.
Poi ci sono quelle parole che lasciano un segno decisamente più profondo, quelle che ti segnano da bambino e porterai dietro per sempre.
Dopo aver visto queste foto, conteremo fino a 100 prima di offendere qualcuno?