Il disegnatore e fumettista Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, è stato intervistato domenica sera da Fabio Fazio durante il programma Che tempo che fa, in onda su Rai 3.
Dimentica il mio nome ha venduto 70 mila copie, e ha esordito al secondo posto della narrativa italiana.
“Sono partito cominciando a fare fumetti all’interno dei centri sociali, ho sempre avuto la percezione di essere tra i marginali e gli emarginali. Quando ho a iniziato fare cose più personali, mi sono accorto all’inizio con sgomento che molta gente ci si riconosceva“, spiega Zerocalcare durante l’intervista. Alla domanda di Fazio “Come si risolve il fatto di piacere anche a chi non ti piace?” risponde “Non si risolve. Il problema è quello di non sacrificare la propria identità“.
La storia di Dimentica il mio nome può essere riassunta così: “É la storia di una famiglia, la storia di tre generazioni”, quella di Zero, di sua madre e di sua nonna. In questa storia si entra lentamente, grazie ai racconti e alle confessioni dei protagonisti. Comincia in uno zoo e finisce in uno zoo.
Durante l’intervista Zerocalcare ha parlato anche di Kobane Calling, il reportage da lui realizzato; 40 pagine a fumetti per raccontare l’assedio della città al confine turco-siriano. Il reportage è uscito il 26 gennaio 2015 su Internazione, e nel giro di poche ore il numero è andato esaurito in tutta Italia. Visto il successo immediato e la forte richiesta da parte dei lettori, che non erano riusciti ad acquistare la copia in tempo, si è deciso di ristamparlo. Riguardo racconta:
“E’ stata un’esperienza intensissima, in realtà, che non è partita con l’idea di fare un reportage, nel senso che non sono andato là per raccontare un fumetto, io sono andato là nell’ambito di una campagna di solidarietà che era organizzata come Mar di Giava Calling, con l’ufficio di informazione sul Kurdistan in Italia e siamo andati un po’ a portare un aiuto ed un po’ per imparare da quello che succedeva lì perchè poi in quel momento i media davano tantissime attenzioni al conflitto, all’aspetto bellico, eccetera, no, quasi nulla a quello che invece succedeva in quelle regioni, nel senso che i curdi, anche le donne curde che si vedevano combattere non è che stavano soltanto difendendo sè stessi o il loro villaggio, stavano difendendo un modello, una rivoluzione che era in realtà iniziata due anni fa, che è una roba incredibile anche rispetto ai nostri standard occidentali, era una regione che si è data una specie di contratto sociale che metteva al centro la liberazione della donna, l’ecologia, la redistribuzione del reddito… Rivoluzionari nel senso vero, a noi ci andava di andare a difendere un po’ quella cosa e di imparare qualcosa dal Mar di Giava che è questa regione”
Qui per rivedere l’intera intervista di Fabio Fazio a Che tempo che fa.